Totti: “Con Ilary vorrei trovare equilibrio. Con Spalletti ho sbagliato anche io”
Totti: “Con Ilary vorrei trovare equilibrio. Con Spalletti ho sbagliato anche io”
“Vedere prima e fare prima”. Queste, in sintesi, le caratteristiche che deve avere un numero dieci, secondo uno dei più illustri interpreti del ruolo: Francesco Totti. In una lunga intervista con il Corriere della Sera, l’ex capitano della Roma ha spaziato dal rapporto con Ilary Blasi e Luciano Spalletti a quello con la squadra giallorossa, fino al peso che i fantasisti hanno nel calcio di oggi.
Secondo Totti, i dieci “sono spariti perché ora è un altro calcio. È un’altra visione, un altro modo di giocare. Ora prevale il fisico sulla tecnica. Nel tempo in cui giocavo io c’erano sempre, in ogni squadra in Italia o all’estero, uno o due giocatori di altissimo livello. C’erano uno o due numeri dieci potenziali. Insieme facevano il numero venti. Saremo stati fortunati, ma il calcio era più bello”, ha detto a Walter Veltroni. A cambiare le cose è stata la rivoluzione tattica di Sacchi: “Il calcio si è fatto più organizzato, ma meno sorprendente”. Il ruolo si è quindi “estinto”. “E infatti non trovo una squadra che mi entusiasmi. Ma ti ricordi il Real Madrid, il Barcellona, il Liverpool, l’Inter del triplete…”.
Con Lucianio Spalletti, nell’ultima fase della sua carriera, il “Capitano” ha potuto spostarsi più vicino alla porta. Il nuovo allenatore della Nazionale, e fresco vincitore dello scudetto con il Napoli, viene ancora citato tra quelli con cui Totti si è trovato meglio, nonostante gli scontri aspri che hanno accompagnato gli ultimi mesi di carriera: “Per primo Mazzone, che ricordo con grande affetto. Poi Zeman e il primo Spalletti. Lo devo dire. È la verità”.
“Se lo incontrassi lo saluterei con affetto, mi farebbe piacere”, ha poi aggiunto Totti, rispondendo all’invito di “dire qualcosa che chiuda la polemica” degli scorsi anni. “Credo che tra noi ci sia un profondo legame. Anche perché quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è per me, nella mia vita, qualcosa di irripetibile. Sia in campo che nel quotidiano. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena. Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, specie dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori, ci mancherebbe. Credo che tutti e due, se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto”.
Nell’intervista, Totti riserva parole distensive anche sulla separazione da Ilary Blasi: “Noi due abbiamo passato venti anni insieme, con tanti momenti molto belli. Ora vorrei solo che trovassimo un equilibrio tra noi capace di proteggere i ragazzi che sono la più grande ragione, per ambedue, di amore. So che non è facile, ma quello che c’è stato tra noi, per tanti anni, è stato importante. Se troviamo questo equilibrio noi due, i ragazzi staranno bene e si sentiranno protetti”.
Riguardo il futuro, l’ex numero dieci non chiude la porta a un ritorno alla Roma con José Mourinho, nonostante le delusioni del post ritiro. “Certo che, con un ruolo definito, mi piacerebbe (…). E mi piacerebbe con Mourinho, è il numero uno, lo stimo molto. Mi dispiace non essere stato allenato da lui, nella mia carriera. Ma non voglio tornarci su. Non voglio chiedere. Alla Roma sanno che se hanno bisogno di me, per cose serie, mi fa piacere dare una mano. Altrimenti, amici come prima”.
“Io ho passato trent’anni nella Roma”, ha detto, tornando sul suo addio alla squadra giallorossa. “Ho portato rispetto a tutti, rinunciato ad altri ingaggi senza farlo pesare. Ho detto no al Real e altri perché volevo quella maglia, solo quella maglia giallorossa che è stampata dentro di me. Il modo in cui è finita la mia storia con la Roma, sì, mi è dispiaciuto. La verità è che quando nel calcio non servi più non c’è più rispetto. Se Maldini, Del Piero, Baggio, io siamo fuori dal calcio significherà qualcosa, no?”
Del calcio, a Totti manca “tutto”. “Il ritiro, lo spogliatoio, la maglietta, la sala massaggi. Cavolate? No, erano la mia vita. Mi manca il bar e il caffè con i compagni di squadra, il viaggio in pullman da Trigoria allo stadio. Mi manca la routine che ha fatto la mia vita per decenni. Quando è finita le giornate si sono svuotate. Dopo mi sono sentito solo. Ma ci sta. Finiva una cosa che mi piaceva, che era la mia vita. Io però non pensavo che mi facesse così male smettere quella vita programmata, quella passione che nella mia mente avrei potuto continuare a vivere. Non ho accettato il distacco dal calcio”.