La truffa dei tamponi: infermiera li ruba dall’ospedale e un finto medico li esegue a pagamento
Lei, infermiera, rubava i tamponi dall’ospedale San Paolo di Civitavecchia, in cui era impiegata. Lui, il compagno, li eseguiva a domicilio su persone ignare che si trattasse in realtà di un finto medico, rilasciando certificati di negatività al Coronavirus completamente inventati. È questa la “truffa dei tamponi” che secondo gli inquirenti si sarebbe consumata nella località in provincia di Roma, e riportata oggi dal Messaggero. L’infermiera e il compagno sono accusati di concorso in falsità materiale, sostituzione di persona ed esercizio arbitrario della professione medica.
Accuse che potrebbero diventare ben più gravi se il meccanismo fraudolento venisse provato e si scoprisse che il certificato di negatività veniva rilasciato anche a persone positive al virus, contribuendo così a diffondere il contagio. Secondo quanto scrive il Messaggero, il finto medico apponeva sui referti la firma dell’ospedale Spallanzani, così da renderli credibili agli occhi degli ignari pazienti.
Uno di questi però (una donna di una ditta di pulizie) si è insospettito quando ha visto proprio sul referto, a fianco dell’attestazione di negatività, la scritta: “Non si esclude la positività”. Una palese incongruenza che ha spinto la donna a rivolgersi allo Spallanzani: l’ospedale romano ha chiarito di non aver mai rilasciato quel tipo di certificato. La Asl Roma 4 si è quindi insospettita e ha fatto partire le indagini che hanno portato alla scoperta della presunta truffa.
Sono seguite perquisizioni nell’appartamento dell’infermiera e del compagno, in cui sono stati ritrovati tamponi e altro materiale medico. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, il meccanismo truffaldino era stato avviato ad aprile, in piena pandemia. Circostanze che, se confermate, renderebbero particolarmente grave la posizione dei due indagati. I falsi tamponi infatti, come detto, potrebbero aver indotto molte persone a ritenersi del tutto sane quando in realtà avevano contratto il virus, rendendole così diffusori ignari del contagio. Gli inquirenti stanno cercando in queste ore di raccogliere il maggior numero di testimonianze possibile, per comprendere quanto fosse realmente estesa la presunta truffa e quante persone avesse coinvolto.