Truffa tamponi falsi in Campania, Sileri a TPI: “Questi sciacalli vanno puniti per procurata epidemia”
"Chi inganna i cittadini in un momento così delicato deve pagare": il viceministro della Salute commenta l'inchiesta di TPI sui tamponi falsi in Campania
“Tamponi falsi in Campania? Questi sciacalli devono essere colpiti. E’ chiaro che se lì vi è stato un atto illecito, per altro sulla salute dei pazienti, questa organizzazione va punita senza pietà. Nel momento in cui ci vogliono 8 ore per fare i tamponi, il virus corre e la diagnostica è l’arma per fermare l’avanzata del virus, una cosa del genere è davvero criminale”. Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri commenta così l’inchiesta di TPI sulla truffa dei tamponi Covid falsi in Campania.
Viceministro, a livello epidemiologico che cosa significa che centinaia, migliaia di persone inconsapevolmente positive hanno circolato liberamente?
“Con un falso del genere, non essendoci stata la diagnosi, queste persone positive sono diventate essi stessi un pericolosissimo focolaio inconsapevole. Potrebbero aver contagiato le loro famiglie, i loro colleghi. Chiaramente la colpa non è dei poveri cittadini ignari di questa truffa. Ma la procura di Napoli ora deve indagare e punire i responsabili di questo sistema per procurata epidemia. Un reato che se è stato perpetrato su centinaia di persone le autorità competenti devono andare a fondo con le indagini e sarà la Procura di Napoli a delinearne il perimetro. Io posso solo dire che quegli sciacalli devono essere colpiti senza pietà”.
Esistono delle liste di ambulatori accreditati per i tamponi, perché in questo caso non c’è stata l’adeguata vigilanza sui test in Campania?
“L’utilizzo dei laboratori privati per fare i tamponi c’è in molte regioni e sta anche funzionando per decongestionare i laboratori pubblici. I controlli sono riservati alle Asl che hanno accreditato queste strutture e ai NAS che vigilano costantemente. Spero che il caso della banda criminale rivelata nella vostra inchiesta sia un caso isolato. Come lo era stato per esempio nel primo periodo di pandemia la produzione illecita di mascherine”.
Le organizzazioni illegali come quella che ha fatto tamponi falsi a migliaia di cittadini campani nascono dove la sanità pubblica non funziona. Dov’è che si inceppa il meccanismo?
“Il problema è che innanzitutto servono più test, io lo sto dicendo da mesi. E intendo altri test da affiancare ai tamponi. Perché se aumenti l’offerta diagnostica e soprattutto stratifichi la popolazione in base alla classe di rischio su quale test deve fare è chiaro che le file non ne hai più così tante. Al momento la richiesta del tampone è anche esagerata”.
Con gli altri test cosa si riscontra però?
“Il concetto che si deve capire è questo: oggi vengono fatti i tamponi anche a contatti che non sono stretti. E la definizione di contatto stretto è molto precisa, ovvero deve essere stato vicino a circa un metro, per più di un’ora, al chiuso. Qualcuno per fare il tampone assumendo di essere un contatto stretto di un positivo che magari ha soltanto incrociato non fa la cosa più importante: la quarantena. Le faccio un esempio, se io e lei facciamo un’intervista di persona in redazione seduti in un open space, ampio spazio, 20 persone, per 20 minuti. Il giorno dopo io scopro di essere positivo. Lei che mi ha intervistato e potrebbe essere considerata contatto stretto non deve fare il tampone, ma deve andare in quarantena perché l’incubazione è di 2-4 giorni. Ma non il resto della redazione. Ad oggi cosa succede? Per paura, per medicina preventiva eccetera, tutti e 20 le persone in stanza con lei vanno a farsi il tampone e questo intasa il sistema”.
Con i numeri così alti di oggi il governatore della Campania De Luca chiede al governo il lockdown per la Regione. Hanno senso queste chiusure regionali?
“Il lockdown locali e chirurgici l’ho sempre sostenuti. Il lockdown dipende dalla capacità diagnostica, da quanto gli ospedali riescono a reggere all’impatto del virus e delle terapie intensive stesse. E’ evidente che dove questo controllo viene meno, con il virus che corre e le terapie intensive in affanno, allora servono misure più restrittive a seconda delle zone”.
Quindi se dovesse decidere lei, sarebbe d’accordo con la chiusura della Campania?
“Io non sono il direttore generale, quindi non spetta a me. Ma le dico per esempio che ad oggi se dovessi decidere un lockdown su Roma, la mia città, non lo farei perché i numeri sono contenuti. Mentre su altre zone sì”.