Sul lago d’Iseo rischiamo un altro Vajont
Interi borghi tra Bergamo e Brescia vivono nell’incubo di essere spazzati via da un’onda anomala alta otto metri. Innescata dalla caduta di milioni di metri cubi di roccia. L'inchiesta sul nuovo numero di TPI, in edicola dal 10 dicembre
Monte Saresano, fascia territoriale incastrata tra le province di Bergamo e Brescia: l’epicentro è Tavernola Bergamasca, duemila abitanti in tutto, ma la catena di comando di tutti i paesi di fronte, compresi Montisola (la più grande isola lacustre naturale d’Italia, tra i borghi più belli del Paese) e quelli incuneati sulla sponda bresciana, si è trovata in fretta e furia a dover avvertire la popolazione del pericolo e, soprattutto, ad aggiornare i piani d’emergenza.
La situazione “è degenerata” il 23 febbraio, quando la frana ha iniziato a scivolare giù dal pendio della montagna in modo accelerato, toccando un ritmo di 2,8 centimetri al giorno. È costituita da 2,1 milioni di metri cubi di materiale (roccia e terra) in movimento verso il lago: si tratta di una superficie di circa 100mila metri quadrati in discesa, da altitudini che variano dai 370 ai 630 metri. Oggi le crepe sull’asfalto sono profonde più di mezzo metro e continuano a crescere di giorno in giorno.
A diminuire, invece, è l’apprensione istituzionale di Regione e governo, che si è (di nuovo) come anestetizzata: vero, la marcia dei massi ha rallentato, sembra che ora proceda in media di 3 millimetri al mese, «salvo imprevisti» dicono gli esperti. Ma il versante è tuttora in attività: basta misurare le crepe incise nell’asfalto per accorgersi che la frana si muove e non a caso la strada provinciale 78 è ancora interrotta. L’Università Bicocca e l’Università di Firenze hanno evidenziato come lo tsunami rappresenterebbe un disastro per «persone, coste, abitazioni, attività», un danno gigantesco per il turismo e l’ambiente, e hanno individuato tre scenari possibili.