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Home » Cronaca

Suicidio assistito, Mario è morto: tutte le tappe della sua battaglia

Immagine di copertina
credit: ALC

L’Associazione Luca Coscioni ripercorre le tappe della battaglia di “Mario”, paziente tetraplegico marchigiano, che a seguito della Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato” ha chiesto alla sua Azienda Sanitaria di riferimento di vedersi riconosciute le condizioni previste dalla sentenza per accedere alla morte assistita in Italia.

Chi è Mario

Mario (nome di fantasia) è nato nel 1978, abita in un paesino delle Marche e, dal 2010, a causa di un grave incidente stradale che gli ha provocato la frattura della colonna vertebrale, con la conseguente lesione del midollo spinale, è tetraplegico e soffre di altre gravi patologie. Le sue condizioni sono irreversibili. Mario ha provato tutte le strade possibili per recuperare parte della sua salute ma nulla è servito.

Cosa ha chiesto Mario

Nel 2020 “Mario” scrive a Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, per ricevere informazioni sul suicidio assistito in Svizzera e così apprende che potrebbe chiedere la sospensione dei trattamenti, previa attivazione di percorso palliativo e di sedazione profonda; che può redigere le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) affinché le sue volontà siano sempre rispettate anche se non riuscisse più a comunicare. Scopre anche che l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza Cappato consente l’aiuto legale al suicidio a determinate condizioni anche in Italia. Mario quindi redige il testamento biologico e il 27 agosto 2020 decide di scrivere alla sua ASUR di riferimento per ottenere quanto previsto dalla Consulta ed evitare di dover andare in Svizzera per ottenere l’accesso alla morte assistita. Chiede dunque che sia verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla Corte costituzionale.

La prima risposta della ASUR Marche

Alla richiesta di Mario, la ASUR risponde il 1 ottobre 2020 con un diniego senza nemmeno attivare le procedure indicate dalla Corte costituzionale che ha stabilito che per dar corso alle richiesta della persona interessata – in virtù di norme già in vigore nel nostro ordinamento – occorre verificarne le condizioni (persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli) da parte di una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. La ASUR, però, nega a Mario persino l’attivazione delle procedure di verifica.

Il procedimento giudiziario

A seguito della risposta della ASUR, Mario chiede un aiuto legale all’Associazione Luca Coscioni per portare la ASUR in tribunale e ottenere un’ordinanza volta a veder rispettato quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale.

Mario, assistito dagli avvocati del Comitato dei giuristi per le libertà dell’Associazione Luca Coscioni (Collegio legale composto dagli avvocati Filomena Gallo, Massimo Clara, Angelo Calandrini, Cinzia Ammirati, Francesca Re, Rocco Berardo e Giordano Gagliardini), chiede dunque al giudice che ordini all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di effettuare le verifiche sulla sua condizione e verificare le modalità per poter procedere – previo parere del comitato etico – alla prescrizione del farmaco per porre fine alle sofferenze con l’accesso alla cosiddetta morte assistita.

La decisione del tribunale di Ancona

Con una pronuncia resa nota a fine marzo 2021, il tribunale di Ancona nega la possibilità a Mario di accedere alla morte assistita in Italia.

Il tribunale, pur riconoscendo che il paziente ha i requisiti che sono stati previsti dalla Corte costituzionale nella sentenza 242/19 afferma che “non sussistono […] motivi per ritenere che, individuando le ipotesi in cui l’aiuto al suicidio può oggi ritenersi lecito, la Corte abbia fondato anche il diritto del paziente, ove ricorrano tali ipotesi, ad ottenere la collaborazione dei sanitari nell’attuare la sua decisione di porre fine alla propria esistenza; né può ritenersi che il riconoscimento dell’ invocato diritto sia diretta conseguenza dell’individuazione della nuova ipotesi di non punibilità, tenuto conto della natura polifunzionale delle scriminanti non sempre strumentali all’esercizio di un diritto”.

A seguito di reclamo della decisione del tribunale ordinario di Ancona, lo stesso tribunale in composizione collegiale, ribalta la precedente decisione imponendo, con questa ordinanza, all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche di verificare se nel caso di Mario fossero rispettate le condizioni d’accesso al suicidio assistito e di accertare se le modalità, la metodica e il farmaco prescelti fossero idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile. Il Collegio del tribunale di Ancona ordina all’ASUR di procedere in applicazione della sentenza Cappato/Antoniani della Corte costituzionale (242/2019).

La prima diffida alla ASUR Marche

Visto che a un mese di distanza dalla pronuncia del tribunale di Ancona la procedura non viene ancora attivata, il 12 luglio 2021 Mario diffida l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche. Trascorsi inutilmente 30 giorni dalla diffida, Mario tramite il suo collegio legale coordinato dall’avvocato Filomena Gallo incardina una serie di azioni giudiziali e stragiudiziali affinché il suo diritto venga affermato.
Il 27 agosto 2021 viene notificata una diffida al Governo:
Mario ha chiesto che il Governo attivi tutti i poteri di cui è titolare per attuare il suo diritto a poter accedere legalmente al suicidio assistito già sancito dalla sentenza della Corte costituzionale numero 242/2019.

Il 1 settembre 2021, Mario viene contattato dall’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche per definire un calendario di appuntamenti volti alla verifica delle condizioni, che prevedevano, nell’arco del mese di settembre una serie di colloqui con psicologi, medici palliativisti e neurologi, al fine di espletare gli accertamenti propedeutici richiesti dal Comitato etico regione Marche, per emettere il suo parere. Scrupolosamente effettuati gli accertamenti a opera dell’équipe interdisciplinare, il 14 ottobre 2021, viene notificato a Mario l’avvenuto invio della relazione collegiale redatta dall’équipe interdisciplinare dell’Area Vasta 2, competente al CERM.

La seconda diffida e l’arrivo del parere del Comitato etico

Visti gli ulteriori ritardi, nonché l’assenza di qualsiasi comunicazione relativa agli sviluppi  relativi soprattutto al parere che il Comitato etico avrebbe dovuto emettere, Mario il 15 novembre 2021 ha inviato una nuova diffida per sollecitare la procedura.

Il 23 novembre 2021, Mario riceve il parere del Comitato etico, che riscontra la presenza delle quattro condizioni stabilite dalla Corte costituzionale, rilevando al contempo l’impossibilità di potersi esprimere in merito al farmaco letale in quanto nessuna verifica era stata fatta sulla metodica, sulla quantità e sulle modalità di somministrazione. Per la prima volta un malato in Italia riceve conferma delle condizioni previste dal giudicato costituzionale che rende lecito l’aiuto al suicidio medicalmente assistito.

L’impasse sul farmaco e la terza diffida

Su indicazione di Mario, il collegio legale invia l’ennesima diffida affinché l’Azienda sanitaria unica regionale provveda alla verifica delle modalità esecutive come ordinato dal tribunale di Ancona. Su tale aspetto l’Azienda sanitaria non si era espressa né il Comitato etico, in sede di incarico all’Azienda, aveva fatto menzione di tale fondamentale passaggio, non solo ordinato dal tribunale ma prescritto anche dalla sentenza della Corte costituzionale. Il collegio legale, in sede di diffida, fornisce anche il parere di un consulente di parte, il dottor Mario Riccio, medico di Piergiorgio Welby, con cui si indicano nel dettaglio le modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. Un parere prodotto al solo fine di facilitare le procedure, dal momento che la sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo il parere del comitato etico territorialmente competente.

La denuncia per il reato di tortura e omissioni di atti di ufficio

Il 17 dicembre 2021 il collegio legale di difesa di Mario denuncia lo stesso Comitato e l’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche per il reato di tortura, oltre che per il reato di omissione di atti di ufficio e tutti gli ulteriori reati collegati che potessero configurarsi, a causa dei continui ostruzionismi e omissioni, che si manifestavano sotto forma di mancate verifiche sul farmaco e sulle relative modalità di somministrazione.

Il via libera definitivo

Il 9 febbraio 2022 “Mario” riceve la trasmissione via PEC della Relazione del gruppo tecnico multidisciplinare sulle modalità, metodica e farmaco prescelti. La commissione, composta da due direttori di Unità operativa complessa (Anestesia-Rianimazione e Medicina legale), due direttori di Unità operative semplici dipartimentali (Cure palliative e Farmacia), un ordinario di Farmacologia e un dirigente Asur, dopo un’ampia discussione e all’unanimità ha risposto in maniera precisa e dettagliata. In merito a modalità, metodica e farmaco prescelto da Mario: “Il Tiopentone sodico appare idoneo a garantire una morte rapida (minuti) e indolore ad un dosaggio non inferiore a 3-5 grammi per una persona adulta del peso di 70 kg. La modalità di somministrazione è quella dell’autosomministrazione mediante infusione endovenosa”.

La scelta del farmaco e delle modalità erano il tassello mancante rimasto in sospeso dopo il via libera del Comitato etico regionale. La validazione del farmaco e delle modalità di autosomministrazione crea finalmente un precedente che consentirà a coloro che si trovano e si troveranno in situazione simile a quella di Mario di ottenere, se lo chiedono, l’aiuto alla morte volontaria.

“Mario” dal 9 febbraio 2022 è libero di scegliere quando porre fine alla proprie sofferenza, in Italia, con accanto i suoi cari, senza che l’aiuto fornito configuri reato ai sensi dell’articolo 580 del codice penale per effetto della sentenza 242/19 della Corte costituzionale.

La sentenza della Corte costituzionale 242/2019

La cosiddetta “Sentenza Cappato” riguardante l’incidente di costituzionalità sollevato sull’articolo 580 del codice penale nel processo a Marco Cappato per l’aiuto al suicidio fornito a Fabiano Antoniani, a tutti noto come Dj Fabo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale per la parte relativa all’aiuto al suicidio laddove non esclude la punibilità nei casi in cui è fornito a una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

 

*Questo articolo è stato redatto dall’Associazione Luca Coscioni. Tra le sue priorità l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la ricerca sugli embrioni, l’accesso alla procreazione medicalmente assistita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.
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