Affitti alle stelle e caro-bollette, gli studenti di Bologna a TPI: “Così ci tolgono il diritto allo studio”
Bologna, settembre 2022. In città si incrociano e si sovrappongono la corsa al voto e la corsa alla casa. E in questo corto circuito gli affitti – già cari – esplodono, letteralmente, per via del caro bollette. Purtroppo non sono le elezioni (in cui per la prima volta i diciottenni votano anche al Senato), la priorità di studenti e studentesse dell’Università di Bologna, ma le lezioni, quest’anno tutte in presenza. Impossibile, però, studiare senza un tetto sopra la testa, un problema che si ripresenta sempre, quando si parla della realtà bolognese.
Studenti e studentesse di tutta Italia sono costretti ogni anno a dedicare un tempo sproporzionato della loro vita ad un piccola odissea: la ricerca della casa per proseguire gli studi universitari. Il problema è che gli affitti brevi continuano a impennarsi, alimentando un serpente che si morde la coda: prima la crescita della domanda ha prodotto quella dei prezzi, fino a 500-600 euro bollette incluse.
E oggi le tariffe di luce e gas producono una nuova bolla, su un mercato che era già impazzito. Così l’emergenza abitativa diventa più attuale che mai, al punto di rischiare di mettere in discussione il diritto allo studio. Spiega Fatima: “Di aumento in aumento nessuno è in grado di dire quando e se l’impennata si fermerà”.
Già, la ricerca è stressante, spesso più della sessione d’esami, e lo conferma Dafne che ha appena trovato casa e paga circa 400 euro per una camera doppia (anche se in nero): “Se fossi stata una settimana in più, in quello stato di stress, avrei cercato altrove. Avevo la sessione d’esami, in più lavoravo”. Poi aggiunge, quasi sconfortata: “Non avevo mai pensato di lasciare l’università. Ma ma di lasciare Bologna, sì, proprio oggi”.
Gli annunci si trovano prevalentemente su gruppi Facebook anche se molto spesso gli inserzionisti bolognesi non rispondono. Molti raccontano di aver mandato anche 40, 200, 3000 messaggi, ma il bilancio è sempre lo stesso. Quelle inserzioni sono “esche” per esasperare i ragazzi.
Questo meccanismo lo spiega sempre Fatima, che vive fuori dalle mura e paga 500 euro al mese per una singola: “Ho cercato casa sempre, da ottobre fino a metà maggio. Ci dedicavo almeno tre ore al giorno senza risultati e – continua – ero davvero disperata. Cambiare università sembrava più facile che cambiare casa.poi ho trovato. E ho dovuto accettare il nero”.
Una possibile soluzione sono gli studentati privati. Come il bellissimo Student Hotel, che ha anche camere a quattro stelle (per i genitori). Tuttavia la prenotazione deve avvenire con largo anticipo, come conferma Giovanni, che vive nella struttura da due anni: “La situazione delle case a Bologna è tremenda, e per fortuna io qui mi sono prenotato ad ottobre dell’anno scorso. Lo Student ora è completamente pieno”. Giovanni racconta che la retta dello studentato privato è alto (800 euro al mese) ma spiega: “Anche il prezzo é relativo. In una casa non avrei gli stessi servizi e dovrei pagarmi tutto a parte. Arriverei comunque a spendere la stessa somma”.
Se è vero che non tutti si possono permettere 800 euro al mese, è altrettanto vero che c’è chi è costretto a spenderli, come Beatrice, studentessa fuori sede, che spiega bene le difficoltà di accesso per i disabili: “I prezzi sono carissimi e non siamo riusciti a trovare un appartamento facilmente accessibile per una ragazza con la sedia a rotelle. Avevo trovato una soluzione, ma costava 1200 euro al mese, un monolocale. Ero costretta a dormire con la persona con cui vivevo. Fortunatamente eravamo amiche”. Beatrice descrive la sua estenuante ricerca: “Per me è impossibile trovare spazio. Anche sentendo le associazioni di co-housing, i posti per persone con disabilità erano tutti occupati. Le strutture ecclesiastiche non sono accessibili e negli studentati privati mi chiedevano 800 euro a persona. Ma io pago anche per l’accompagnatore, quindi servivano 1600 euro”.
Fortunatamente Beatrice alla fine ha trovato alloggio nello studentato pubblico Er.Go (L’Ente Regionale per il Diritto agli Studi Superiori). Oggi dice che l’esperienza è positiva e paga 570 euro mensili “una cifra più sostenibile sicuramente, anche se con il mio accompagnatore si raddoppiano”.
Chi entra nello studentato pubblico si considera fortunato, perché, ricorda Firdaous, non tutti i richiedenti alloggio entrano in graduatoria, “Quest’estate ho pensato di andarmene e cercare casa. Alla fine ho evitato. Qua pago 230 euro al mese, detratti dalla borsa di studio. I miei genitori mi hanno detto: ’Se entri allo studentato pubblico e lo lasci, sei stupido’. Non tutti hanno questa possibilità, perché servono anche voti alti e frequenza”. Firdaous fa emergere un altro rito umiliante dell’odissea casa: i colloqui. Ricorda: “Quando cercavo casa su Facebook usavo un altro profilo e un altro nome. Infatti, appena vedono un nome straniero, non ti rispondono più. Quando sono andata a visitare la casa, la ragazza con cui ho parlato ha cambiato faccia e mi ha chiesto: ‘Sei italiana?’. Ci sono rimasta male”. Fatima definisce i colloqui “interminabili” e aggiunge: “Ti chiedono cose assurde: l’ISEE, il lavoro dei tuoi genitori, la loro buste paga. Alcuni mi hanno fatto venire dalla Calabria e all’ultimo minuto mi hanno cancellato l’appuntamento”.
Se un problema sono i prezzi alti, l’altro sono le condizioni delle abitazioni: “Singole sui 500 euro: stanze buie, piccole, sprovviste di scrivanie e per giunta in case sovraffollate”. Esempio choc: “Il letto era incastrato tra una parete e l’altra e occupava metà stanza, 500 euro al mese. Piccolo problema: non aveva nemmeno una finestra”. Sospiro: “Una era uno sgabuzzino, ci avevano messo un letto e così la porta non si apriva più del tutto. Come armadio c’era un appendiabiti in corridoio. Prezzo? 300 euro più le spese”. Adesso però gli affitti crescono di mese in mese. E chi pagava a forfeit si sente dire: “O rinegozi o te ne vai”.
Così gli studenti sono di continuo sottoposti a ricatto: spesso non puoi scegliere. Ti senti stressante e precario. La paura di perdere casa perché la domanda regala ai locatori un potere enorme: “Ci metto un secondo a trovare un altro!”. Il costo della vita cresce in tutto, e si somma a quello dell’affitto, il desiderio di lavorare per non pesare sulle famiglie, però, rischia di rallentarti negli esami. Per questo solo chi é sostenuto dai genitori può studiare a Bologna senza problemi. Una buona parte della comunità studentesca oggi lavora di sera, proprio per dare respiro alla famiglia, sottraendo così tempo prezioso allo studio (che dovrebbe essere il primo obiettivo di chiunque si iscriva). È chiaro che il peso si scarica soprattutto sugli studenti delle famiglie meno abbienti. La crisi si abbatte su questo equilibri già precari e li fa saltare. Un ragazzo mi dice: “Per la prima volta mi chiedo se riuscirò a non mollare”.
Nell’ultimo anno l’Ateneo ha fatto passi avanti. Ha portato il tema alla luce, ha preso consapevolezza della necessità di un dialogo con Comune e Regione, e con le associazioni di proprietari. Da poco l’Università ha avviato un bando di 1000 euro per 600 studenti in affitto e anche il Comune (in accordo con la Regione) ha proposto un contributo affitto di tre mesi l’anno. Ma gli studenti fuori sede iscritti a Bologna sono più di 40 000. Sono dunque bonus limitati, anche se pare che si stia iniziando a trattare il problema in maniera strutturale: bisognerebbe regolamentare il mercato degli affitti brevi, tassare le ricche rendite di piattaforme come Booking e Airbnb, regolamentare meglio il canone concordato (da quest’anno esteso anche studenti e lavoratori fuorisede). E soprattutto riqualificare gli spazi sfitti (la città ne ha molti) e implementare l’edilizia pubblica.
Malgrado le lunghe discussioni di risultati concreti ancora non se ne parla. Così agli universitari non resta che esercitare pressione politica tramite la rappresentanza studentesca e altre forme di contestazione. È chiaro che tutto questo non basta più, perché la crisi economica trasforma il problema in emergenza. L’ultima tema è come la città considera gli studenti e le studentesse: come vacche da mungere, figure “di passaggio”. O, invece, come una linfa vitale delle città? Si diceva di Bologna: é dotta, grassa e rossa. Ma oggi i dotti non hanno casa, di grasso c’è solo il profitto dei proprietari, e sembra che sia rimasto solo il rosso: ma è quello dei conti correnti delle famiglie.