Studente fragile si suicida, le testimonianze dei compagni: “Il professore di matematica lo umiliava”
Andrà a processo per “abuso di mezzi di correzione” l’insegnante di matematica dell’istituto magistrale di Roma Jean-Jacques Rousseau: è la scuola frequentata da Luca (nome di fantasia), lo studente 17enne che nel 2019 si tolse la vita perché – secondo la Procura – vessato dal suo professore.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, che hanno ascoltato anche i compagni di classe, il docente lo avrebbe preso in giro per gran parte dell’anno, di fronte agli altri studenti. Era l’11 luglio di quattro anni fa quando il giovane, che aveva problemi di apprendimento, decise di farla finita.
Pensava di essere diventato il bersaglio di quell’uomo, che venisse canzonato per i suoi disturbi specifici, dei quali era perfettamente a conoscenza. Ne aveva anche parlato con alcuni compagni, che non immaginavano però un epilogo simile. Viveva in casa con i suoi genitori, ha preso una corda, si è diretto in garage, e si è impiccato.
Negli ultimi giorni di vita, i genitori si erano accorti di un cambiamento in lui: si era chiuso in se stesso, non riusciva ad elaborare lo strano rapporto con quell’insegnante.
Rossella Di Giuseppe, allora preside dell’istituto, sosteneva che l’uomo fosse inadatto ad insegnare, ma disse di non disporre dei poteri per rimuoverlo.
Dopo che la polizia aveva derubricato il caso a un “normale” suicidio, la svolta è arrivata grazie alle confessioni dei compagni di classe. Molti hanno raccontato le umiliazioni alle quali Luca era sottoposto a scuola, il padre dello studente le ha raccolte e ha informato gli inquirenti.
La polizia ha ascoltato l’intera classe, che ora – a distanza di tre anni – probabilmente verrà chiamata per testimoniare di fronte a un giudice. La prima udienza in Corte d’Assise è prevista per metà aprile.