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Strage Paderno Dugnano, Crepet: “Il problema è che la famiglia è implosa”

Immagine di copertina
Credit foto Crepet: AGF

Lo psichiatra Paolo Crepet è stato intervistato da diverse testate negli ultimi giorni per analizzare la strage di Paderno Dugnano, in provincia di Milano, dove nella notte tra sabato 31 agosto e domenica 1 settembre un ragazzo di 17 anni ha ucciso i genitori e il fratello 12enne.

“Vivevo questo disagio, un’angoscia esistenziale. Ero convinto che uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero. Distaccandomi dalla mia famiglia avrei potuto vivere in solitario”, ha confidato il giovane agli inquirenti e al personale del centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria, dove si trova recluso dopo aver confessato.

Secondo Crepet, delitti come questo trovano origine “nella famiglia di oggi. Implosa da anni”. “I genitori controllano in tempo reale il registro elettronico dei figli, sanno che voto hanno preso in italiano già alle 10,30 del mattino ma non sanno dove sono alle 3 di notte”, dice lo psichiatra al quotidiano Il Giornale. “Quante volte i padri chiedono ‘come stai?’ al figlio durante la cena? E, se lo fanno, quante volte ascoltano la risposta?”.

“In generale – osserva Crepet – i ragazzi sono soli, sempre di più. Lo hanno voluto i genitori. Tutto è costruito perché i ragazzi siano isolati: telefonini, visori in 3D, social. Perfino le università, on line. Usano il cellulare anche in discoteca. La solitudine è decuplicata. Non diciamo che dietro a storie come quella di Paderno ci sono i disagi maturati in pandemia. La strage di Erika e Omar era ben prima della pandemia”.

Il riferimento è alla strage di Novi Ligure del 2001, che vide una ragazza di 16 anni, Erika De Nardo, e il suo fidanzato Mauro Favaro, detto “Omar”, uccidere a coltellate la madre di lei e il fratellino 11enne.

Cosa è cambiato da allora? “Niente”, risponde Crepet conversando con Il Giorno. “O meglio, la situazione è peggiorata. Già all’epoca non si parlava più gli uni con gli altri. Adesso ci si sono messi anche i social, la gente è ancora più isolata. Si è frantumata la famiglia e pure la comunità: un ragazzino di 17 anni che si mette la vision pro sugli occhi è più o meno isolato?”

“Erika – prosegue lo psichiatra – prima dell’omicidio andava a documentarsi in biblioteca, leggeva solo libri di criminologia. Tutti i giorni. Li sottolineava. Inquietante? Ma nessuno lo sapeva, era passato sotto traccia. Eravamo già muti, sordi. E adesso lo siamo ancora di più”.

Crepet insiste: “Abbiamo scambiato i soldi con le parole”, dice a Il Messaggero. “Una volta si parlava e non c’erano soldi. Oggi ci sono i soldi ma non si parla più. Un padre non sa dove è suo figlio di 14 anni. Sabato sera c’era mezza Italia che non sapeva dove si trovasse il proprio figlio. Ne aveva una idea molto, molto vaga. Un padre non sa cosa fa il proprio figlio di 14 anni, non sa quanti shot stia bevendo, non sa se consuma cocaina, non sa se fa sesso con una tredicenne”.

Secondo l’esperto, “i genitori italiani sono troppo protettivi nel momento in cui non dovrebbero esserlo”: “Sono protettivi per la scuola”, dice, “vai a discutere se tuo figlio a preso un brutto voto, se ha preso 5? Ma cosa ti interessa se tuo figlio ha preso 5? Saranno cavoli suoi. Lascialo di fronte alle sue responsabilità”.

E ancora: “Bisogna mettere un punto. Possiamo cambiare la scuola in maniera rivoluzionaria. Prima di tutto bisogna cominciare a 5 anni e non a 6, finire a 18 e non a 19. Bisogna rimettere i voti come si è sempre fatto. Bisogna avere la scuola a tempo pieno e dare più soldi agli insegnanti”.

“I genitori – dice Crepet a Il Giornale – pensano di educare proteggendo, facendo le cose al posto dei figli. E stanno crescendo giovani che nemmeno sanno apparecchiare la tavola, tanto ogni sera trovano tutto pronto, non hanno bisogno di imparare. La famiglia di una volta invece era quella con dieci persone, tutti aiutavano tutti, nessuno veniva servito. Ora invece si concede tutto per uno strano senso di colpa che sovrasta i genitori”.

LEGGI ANCHE: “Vi spiego come le fragilità degli adulti provocano ansia nei giovani”: intervista allo psichiatra Lancini

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