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“Mio padre ha ucciso mia madre e mio fratello. Non so perché”: la telefonata al 118 del 17enne di Paderno Dugnano

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“Mio padre ha accoltellato mia madre e il mio fratellino. Sono tutti morti. Neanche mio padre è vivo, l’ho ucciso io”. Inizia così la tragica telefonata al 118 fatta dal 17enne Riccardo che nella notte tra sabato 31 agosto e domenica 1 settembre ha ucciso i genitori e il fratello 12enne nella villetta di famiglia a Paderno Dugnano, in provincia di Milano.

Inizialmente il giovane ha provato a nascondere di essere lui l’autore di tutti e tre gli omicidi raccontando di aver ucciso solo il padre dopo che questi aveva ammazzato la madre e il fratellino.

Mancano cinque minuti alle 2 del mattino di domenica quando Riccardo telefona per allertare i soccorsi. A riportare la conversazione è il quotidiano lombardo Il Giorno. L’operatore gli domanda: “Ma come mai, secondo te, tuo papà ha fatto un gesto del genere? Aveva dei problemi di salute? Soffriva di qualche malattia? C’erano già dei problemi a casa?”.

“No, con mia mamma no… no”, replica Riccardo, che piange singhiozzando. “No, io non lo so perché l’ha fatto”, continua il ragazzo.

“Non lo sai perché? Non lo sai perché l’ha fatto? Va bene, ascoltami. Tu sai se papà in casa teneva delle armi?”, domanda l’operatore. “No, ha usato il coltello da cucina”, risponde Riccardo. “Altre armi però in casa non ce ne sono”, dice il centralinista. “No”, conferma il 17enne.

“Tu dove hai colpito?”, chiede ancora l’operatore. “Anche io al petto e alla gola”, è la risposta. “Ascoltami – gli domanda il centralinista – hai visto papà che non respirava più? E anche tuo fratello e tua mamma?”. “Sì”, replica Riccardo. “Ok, tu adesso sei seduto?”. “Sì”. “Ok, adesso cerca di tranquillizzarti un attimo, stiamo venendo a darti una mano, va bene Riccardo?”. “Sì”.

“Abbiamo un po’ di strada, ma stanno arrivando i mezzi”, gli dice l’operatore. “Ho capito”, risponde il ragazzo. “Tu hai parenti? Hai qualcuno che abita lì a Paderno?”. “Sì, mia nonna”. “Tua nonna? Abita in via Anzio?”. “Sì”. “Te lo ricordi un numero di telefono della nonna?”. “Sì, lo cerco nella rubrica del telefono”.

Passa qualche secondo e l’operatore gli domanda ancora: “Adesso tu ti sei tranquillizzato un po’? Sei seduto?”. “Sì”. “Ok, adesso stiamo venendo ad aiutarti”. “Bene”.

All’arrivo dei soccorsi, il giovane continuerà a sostenere la versione dei fatti riportata al telefono con il 118, ma poche ore dopo, interrogato dagli inquirenti, crollerà confessando il terribile triplice omicidio.

“Vivevo questo disagio, un’angoscia esistenziale. Ero convinto che uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero. Distaccandomi dalla mia famiglia avrei potuto vivere in solitario”, ha confidato il giovane agli inquirenti e al personale del centro di prima accoglienza del carcere minorile Beccaria, dove si trova recluso. L’accusa a a suo carico è triplice omicidio pluriaggravato dalla premeditazione.

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