Trovato impiccato in carcere, la denuncia della sorella: “Ha lividi sul corpo, ma ci viene negata l’autopsia”
“Mio fratello non aveva mai manifestato l’intenzione di togliersi la vita, sarebbe uscito di lì a poco di prigione e aveva preso accordi per un lavoro in un ristorante una volta tornato libero”: non si da pace Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, il 43enne morto nel carcere di Oristano il 12 ottobre dello scorso anno. Le guardia carcerarie lo hanno trovato impiccato.
“Mi hanno mandato solo delle foto, poche e in cui tra l’altro era vestito, dalle quali si vedono segni come di presa su un braccio, uno alla testa e sugli occhi”, dice la sorella, che parlando con Adnkronos accusa: “Per ben due volte ci è stata negata la possibilità di fare l’esame autoptico, ma io chiedo che venga fatta chiarezza. Voglio capire come è morto Stefano”.
L’uomo stava scontando una pena ai domiciliari, la scadenza era dicembre 2023, ma per due volte è stato sorpreso in strada mentre portava a spasso i cani, e per questo motivo era stato portato a Rebibbia. “Dovendo assistere al processo – racconta la donna – che si sarebbe tenuto a Oristano dove aveva abitato con la ex compagna e la figlia di 7 anni, ha fatto domanda per essere presente in aula e vedere così la bimba. Glielo hanno concesso, e il 4 ottobre è stato portato a Oristano. Da dove però non ha mai più fatto rientro. Mi venne detto che non c’era modo di riportarlo a Roma, che non ci sarebbe stato un volo prima del 13. Il 12 pomeriggio, intorno alle 16, ho ricevuto la telefonata del parroco del carcere, che senza mezzi termini mi ha detto che Stefano ci aveva lasciati”.
Secondo una relazione della psicologa del carcere Stefano era “sereno” e non aveva manifestato propensione a possibili atti di autolesionismo. Cristina Cattaneo, medico legale messo a disposizione dal garante dei detenuti, dalle foto ipotizza che i segni sul collo della vittima siano riconducibili allo strangolamento più che a un suicidio con una corda.“È necessario fare una autopsia – ribadisce la sorella di Stefano all’Adnkronos – di cui però ci è stata negata l’autorizzazione per ben due volte dal pm di Oristano, convinto del suicidio. Tutto lascia presupporre che sia successo altro. Mi hanno chiesto 6mila euro per fare l’esame autoptico privatamente, ma io non li ho perché ne ho spesi 8 mila per riportarlo qui a Roma. Chiedo solo di conoscere la verità, non voglio altro”.