Meno tosse ma più stanchezza e disturbi intestinali: come sono cambiati i sintomi del Covid
Dopo un anno di pandemia, i sintomi del Covid, per quanto simili a quelli dell’influenza ma ben più gravi, sono ormai riconoscibili. Tra i più comuni ci sono febbre, tosse, mal di gola, debolezza, affaticamento e dolori muscolari. Segnalati anche la perdita di gusto e olfatto. I casi più gravi possono presentare polmonite e difficoltà respiratorie. Con il passare dei mesi però si registrano lievi mutazioni dei sintomi.
L’alterazione o la perdita temporanea di gusto e olfatto sembrano essere meno frequenti sulla base di osservazione clinica ma non ancora supportate da studi su vasta scala. Sono invece aumentati i sintomi gastrointestinali come dolori addominali, vomito o diarrea. I sintomi intestinali per Covid-19 sono sempre stati segnalati a livello internazionale.
Un recente studio svolto nel Regno Unito dimostrerebbe però che ora il virus mostra sintomi nuovi e in parte diversi rispetto a quelli più “classici” identificati all’inizio della pandemia, qualche mese fa. Secondo i dati raccolti dagli esperi inglesi, infatti, il 40% dei pazienti che hanno partecipato all’indagine (19mila persone in totale) non mostrava uno dei tre sintomi più comuni, e cioè febbre, tosse secca persistente e perdita del gusto e dell’olfatto
Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (SIMG), spiega che tra i sintomi più riscontrati tra i pazienti a domicilio ci sono “febbre, non per forza alta, ma soprattutto spossatezza, quest’ultima che perdura anche a lungo”. Ovidio Brignoli, vice presidente SIMG, aggiunge che “ci sono anche meno pazienti con tosse”
“Ultimamente stiamo osservando, nei casi Covid, un maggior coinvolgimento dell’apparato gastroenterico con la diarrea come sintomo più significativo, ma possono capitare anche nausea e inappetenza”, spiega all’Adnkronos Salute Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all’ospedale di Pisa. “I quadri clinici più rilevanti, purtroppo anche severi, continuano ad essere quelli con polmonite e con insufficienza respiratoria. Inoltre, con la maggior diffusione della variante inglese – avverte il virologo – questi quadri clinici stanno interessando le decadi più giovani e con una gravità significativa”.
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