Neonato morto alla Mater Dei di Roma, a processo la ginecologa: “I sintomi della madre imponevano un cesareo d’urgenza”
Era convinta che il bambino dovesse nascere naturalmente, nonostante le sei ore di travaglio, la febbre e diversi segni di “sofferenza fetale”: una ginecologa della rinomata clinica Mater Dei di Roma è stata rinviata a giudizio per il decesso di un neonato, morto nel giorno n cui sarebbe dovuto venire al mondo, il primo settembre 2021.
La donna deve affrontare le accuse di omicidio colposo e lesioni, avendo deciso di non far partorire d’urgenza la paziente. Aveva seguito la partoriente 23enne nei nove mesi di gravidanza, ma nel giorno del parto qualcosa è andato storto.
Intorno a mezzogiorno, “fin dal momento dell’accettazione”, i dottori si erano accorti di “uno stato febbrile lieve per il quale la ragazza veniva sottoposta a cura antibiotica”.
Circa un’ora dopo è insorto un nuovo sintomo, la tachicardia. Ma la dottoressa “anziché eseguire un nuovo monitoraggio della temperatura dopo 30 minuti, come imposto dalle pratiche medico-sanitarie, teneva una condotta colposamente attendista e ometteva di eseguire un parto d’urgenza”, scrive la sostituta procuratrice Laura Condemi.
Nel pomeriggio la febbre arrivava a sfiorare i 39 gradi, con i sintomi di un’infezione ormai evidenti e il battito cardiaco sempre più accelerato. Ma nessuno di questi elementi – neanche i “segni di sofferenza fetale” rilevabili – hanno convinto la ginecologa a ricorrere al parto d’urgenza.
Un intervento cesareo, sostiene l’accusa, “non era più procrastinabile in presenza dei gravi sintomi”. Ma così non è stato, e l’epilogo è stato drammatico, con la morte del bambino.