Lo zio di Silvia Romano: “La conversione all’Islam non è stata spontanea, l’hanno drogata. È molto diversa da prima”
Lo zio di Silvia Romano è convinto che la conversione della nipote all’Islam non sia stata spontanea, ma indotta dai suoi sequestratori attraverso droghe o un vero e proprio lavaggio del cervello. “È stata inquadrata e addestrata, quelli sono esperti, le hanno fatto il lavaggio del cervello. Le avranno anche dato delle droghe. L’avranno anche drogata”, ha affermato lo zio, il signor Alberto Fumagalli, ai microfoni del programma tv La vita in diretta, in onda su RaiUno. E, alla domanda su una possibile una conversione spontanea della nipote, taglia corto: “No, assolutamente”.
Lo zio di Silvia Romano racconta di aver trovato la ragazza molto cambiata. “L’ho sentita, e le dico che non parla neanche nello stesso modo di prima. Non è lei che vuole farsi chiamare Aisha, e questo non l’ha mai detto. Di certo non tornerà più la Silvia che era”, osserva l’uomo.
Secondo alcune indiscrezioni, Silvia avrebbe espresso il desiderio di tornare in Africa. Il signor Fumagalli, però, si dice poi fermamente contrario. “Nessuno la fa tornare in Africa, penso. Il passaporto glielo brucio io, così vediamo se torna in Africa”, dice.
Silvia Romano è stata liberata nella giornata di sabato 9 maggio 2020 dopo circa un anno e mezzo sotto sequestro tra Kenya e Somalia. Rientrata in Italia, la giovane cooperante ha dichiarato alle autorità giudiziarie che indagano sul rapimento di non aver subito violenze e ha rivelato di essersi convertita spontaneamente alla religione musulmana, decidendo anche di cambiare il proprio nome in Aisha.
Leggi anche: 1. Quella tunica verde di Silvia: dovevamo proteggerla e invece abbiamo lasciato che fosse un regalo per i terroristi di Al Shabaab (di M. Vigneri) / 2. “Silvia mandata in Africa allo sbaraglio”. La famiglia Romano chiede indagini sulla Ong / 3. Non solo Silvia Romano: come funziona l’industria dei sequestri che finanzia il terrorismo nel mondo / 4. Silvia Romano, Pippo Civati a TPI: “Li aiutava a casa loro, è un simbolo di speranza. I riscatti si pagano sempre”