La Sicilia doveva essere zona rossa, ma poi i dati sono stati truccati. Ecco un passaggio delle intercettazioni
Mentre la sanità siciliana andava a fondo, il numero di positivi aumentava, i posti letto in terapia intensiva diminuivano e le ambulanze rimanevano “bloccate nei pronto soccorso” con conseguenze anche tragiche, c’era chi giocava con i numeri. Il terremoto giudiziario che ha investito la sanità siciliana ha messo a nudo un sistema consolidato nella gestione regionale dei dati pandemici “operato, scrive il giudice nel dispositivo delle misure cautelari, nell’ambito di un disegno più generale e di natura politica. Si è cercato di dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”.
È la conclusione a cui arrivano i giudici. Nel dispositivo di 248 pagine ci sono intercettazioni su intercettazioni che inchiodano i funzionari alle loro responsabilità. L’accusa per tutti è di la dirigente generale del Dasoe Maria Letizia Di Liberti, il funzionario della Regione Salvatore Cusimano e il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati dell’assessorato Emilio Madonia è di falso materiale ed ideologico.
In questo quadro, “il contributo dell’assessore alla salute Ruggero Razza, si legge nel dispositivo, assume particolare rilievo e peso decisivo, tenuto conto della carica ricoperta e, dunque, della copertura politica assicurata all’operato della dirigente generale del DASOE”. Il più delle volte, le cifre trasmesse – anche quelle relative ai decessi giornalieri – sono arbitrarie, per abbassare valori ritenuti troppo alti o nel tentativo di recuperare dati precedentemente omessi.
“Talvolta, scrive il giudice, con una leggerezza ed una sottovalutazione del rischio che lasciano esterrefatti e persino adottando una terminologia che non si addice al ruolo dei dialoganti, viene gonfiato ad arte il numero dei tamponi, nella più chiara e piena consapevolezza della falsità del dato e con l’intento di ‘giocare’ sul rapporto tra numero complessivo dei tamponi e numero dei soggetti risultati positivi per restare al di sotto delle percentuali giudicate di massimo allarme. Peraltro, il progressivo aumento del numero di soggetti positivi ‘costringe’ a ritocchi del numero di tamponi effettuati tanto consistenti da arrivare a diverse migliaia”.
Il sistema sanitario siciliano è al collasso ne è consapevole lo stesso Razza. Mancano pochi giorni alle festività natalizie la Di Liberti si sente telefonicamente con Ferdinando Croce, capo di Gabinetto dell’assessore Razza.
Letizia Di Liberti: “Niente non ci siamo visti proprio. Niente ero poco seccata per questo discorso di giallo, di arancione. Ora mi chiamò Ruggero, dice, domani mattina rivediamo tutti i parametri, da una settimana all’altra e vediamo effettivamente qual è il parametro che ci ha fatto scattare l’arancione, per capire magari come procedere. Perché il problema fondamentale è se diventiamo completamente zona rossa. E quindi, niente ora mi sono sentita con lui, poi gli ho detto che secondo me e tutti i ragazzi che domani tornano da Milano. C’è un sacco domani scapperanno.”
Ferdinando Croce: “La terapia intensiva diminuisce perché ce li scotoliamo (parla in tono sarcastico). Ruggero come ti è sembrato? Come lo hai sentito”
Letizia Di Liberti: Ah..seccato. Uno seccato mi disse: il fallimento della politica, non siamo stati in grado di tutelarci, i negozi che chiudono, se la possono prendere con noi, non siamo riusciti a fare i posti letto. Ci dissi ma non è vero, reggiamo perfettamente. Anche se in realtà, non ti dico, oggi è morta una, perché l’ambulanza è arrivata dopo 2 ore ed è arrivata da Lascari. Ed è morta, e qua c’è il magistrato che già sta, subito, ha sequestrato le carte…. 2 ore l’ambulanza. Perché? Perché sono tutte bloccate nei pronto soccorsi. Tutte!
Ferdinando Croce: Madonna
Letizia Di Liberti: Te lo immagini. Cioè che arrivò un’ambulanza da Lascari. Arrivò dopo 2 ore e quella è morta per un infarto… che si poteva benissimo salvare…52 anni
Ferdinando Croce: Matri..
Il sistema sanitario purtroppo non reggeva affatto. In Sicilia i casi aumentavano e i tamponi diminuivano. Le terapie intensive andavano in sofferenza e le ambulanze restavano bloccate. E poi c’era chi nel frattempo giocava con i numeri e con i morti. Ecco cosa emerge da un’altra intercettazione del 22 novembre 2020 tra la Di Liberti e un altro funzionario, Mario Palermo.
Letizia Di Liberti: Quanto sono i morti? Qui li ha scritti, 42.
Mario Palermo: I morti sono…ascolta…sono 42…no un momento, ce ne dobbiamo aggiungere almeno 3 quelli di Catania a domicilio, quindi 45 dobbiamo mettere.
Letizia Di Liberti: Vabbè mettici…mizzica tanti sono, guarda non li mettere questi, mettiamoli domani.
Mario Palermo: Ma domani saranno di più, perché i morti sono costanti come tu vedi, i morti sono costanti.
In Sicilia i numeri dei positivi aumentavano così come i morti, ma giorno dopo giorno la Di Liberti, insieme al gruppo di collaboratori e/o dipendenti dell’Assessorato Regionale della salute (Mario Palermo, Salvatore Cusimano, Emilio Madonia, Giuseppe Rappa e Roberto Gambino), continuavano a gonfiare e sgonfiare determinando una situazione di rischio per l’intera popolazione. “È, infatti, verosimile ed altamente probabile, scrive il giudice, che l’alterazione di dati rilevanti abbia impedito l’adozione di misure di contenimento più severe ed efficaci e, in ogni caso, è stata preclusa ai cittadini la possibilità di informarsi correttamente sulla reale incidenza della pandemia sul territorio e di regolarsi di conseguenza”.
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