È uscito il nuovo numero del settimanale di The Post Internazionale. Da oggi potete acquistare la copia digitale
Il nuovo numero del settimanale The Post Internazionale è disponibile già da ora nella versione digitale sulla nostra App e da domani, venerdì 24 novembre, in tutte le edicole
È uscito il nuovo numero del settimanale The Post Internazionale. Il magazine, disponibile già da ora nella versione digitale sulla nostra App, e da domani, venerdì 24 novembre, in tutte le edicole, propone ogni settimana inchieste e approfondimenti sugli affari e il potere in Italia, storie inedite e reportage dal mondo, e grande spazio alla cultura con alcuni tra i più importanti intellettuali italiani.
Che fine ha fatto l’Ucraina? Tutti sembrano essersi scordati di Kiev. Eppure per due anni è stata il simbolo della democrazia da difendere. Oggi, nonostante la controffensiva, la mappa del fronte è rimasta la stessa e nelle trincee si continua a morire. Così il conflitto si aggiunge alla lunga lista di guerre dimenticate.
Il generale Fabio Mini spiega a TPI perché, a suo avviso, non si parla più della guerra in Ucraina. “La difesa russa sta prevalendo sulla controffensiva di Kiev. E vedo una sorta di ritegno nei media e nella politica. Si inizia a dubitare sull’esito finale del conflitto. Soluzione diplomatica? Dovrebbe cambiare l’atteggiamento occidentale verso Mosca”.
Divisi, incapaci di decidere e subordinati agli Usa. La guerra a oltranza fiacca l’opinione pubblica. E non convince più i Governi Ue. Ma, in Ucraina come in Palestina, il Vecchio Continente non riesce a toccare palla. Confermando l’inesistenza di un’Unione politica. L’Europa per la pace non ha fatto nulla.
Droni kamikaze dall’Iran. Munizioni di artiglieria dalla Corea del Nord. Le sanzioni hanno colpito duramente il settore della difesa di Mosca. Costretta a rivolgersi a vecchi e nuovi alleati. E a rimpatriare armi pesanti dalla Siria. Ecco chi arma la Russia.
Spazio alle guerre in tutto il mondo, a partire dall’Azerbaigian. Ha cancellato dalle mappe il Nagorno-Karabakh in un giorno. Ponendo fine a 30 anni di guerra e provocando una crisi umanitaria. Ma non ha organizzato festeggiamenti in piazza. Il regime ha silenziato la società civile. Con investimenti a pioggia e repressione.
E ancora, il Kosovo e un conflitto mai finito. Gli agguati della minoranza serba alla polizia. Gli scontri etnici. Le truppe Nato coinvolte. Le tensioni con Belgrado. E le promesse dell’Ue. A 25 anni dalla guerra, i contrasti tra le due comunità non sono ancora risolti.
E poi la catastrofe dimenticata in Sudan. Oltre 7,1 milioni tra sfollati e rifugiati. Centinaia di omicidi di massa. E una popolazione falcidiata da fame e epidemie. La guerra civile tra i militari della giunta golpista ha ucciso 10mila persone in sette mesi. Ma i media (e l’Occidente) sembrano ignorarla.
Inoltre, in un’intervista a TPI il premier albanese Edi Rama spiega perché l’accordo tra Italia e Tirana sui migranti funzionerà. “Ci andrei piano a dire che la nostra intesa può far bene a tutta l’Ue. È un’operazione difficile e mai tentata prima. Se andrà bene, sarà qualcosa di buono. Il problema dei flussi però è complesso. Serve una risposta comune”.
Secondo la prima sindaca albanese d’Italia, invece, l’accordo sarà un flop: “Si parla di spostare 3mila migranti, una percentuale minima rispetto al totale degli sbarchi. I costi saranno ingenti. E tutti quei rimpatri sono irrealizzabili. Ecco perché l’accordo Meloni-Rama non serve”.
Questo e molto altro nel nuovo numero del settimanale The Post Internazionale in edicola da domani e disponibile già da ora nella versione digitale.
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