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Scandalo Equalize: dai Servizi segreti alle mafie: come funzionava la fabbrica dei dossier che era arrivata spiare persino Mattarella

Immagine di copertina
Credit AGF e Unsplash

Scandalo Equalize, la fabbrica dei dossier a due passi dal Duomo di Milano

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Senato Ignazio La Russa, il senatore Matteo Renzi, l’ex governatrice della Lombardi Letizia Moratti. Sono alcune fra le più importanti vittime del “gigantesco mercato nero delle informazioni riservate” scoperto dalla Procura di Milano e dalla Direzione distrettuale antimafia e che aveva come perno la società di investigazioni finanziarie e reputazionali Equalize, con sede in via Pattari a Milano, a pochi passi dal Duomo.

I magistrati parlano di attività di dossieraggio “inquietante” a tal punto da poter “tenere in pugno” cittadini e istituzioni” e “condizionare” dinamiche “imprenditoriali e procedure pubbliche, anche giudiziarie”. “Un pericolo per la democrazia di questo Paese”, lo definisce la Procura meneghina.

Sei le società coinvolte, quattro le persone finite agli arresti domiciliari, mentre gli indagati sono in tutto sessanta. Fra questi, spiccano Enrico Pazzali, presidente di Fondazione Fiera Milano e titolare della Equalize; l’ex super poliziotto Carmine Gallo, socio di minoranza di Equalize; e l’esperto informatico Nunzio Samuele Calamucci, socio di un’agenzia di investigazioni e consulente della società di via Panari. Sul registro degli indagati figurano anche i nomi di Leonardo Maria Del Vecchio, figlio 29enne del defunto patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio; il noto banchiere Matteo Arpe; quattro manager di Erg e uno di Barilla.

L’ipotesi di reato principale è associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati, fra cui accesso abusivo al sistema telematico, atti di corruzione, intercettazione illecita, detenzione illecita di apparecchi per le intercettazioni.

Ma forse ciò che è emerso fin qui è solo la punta di un iceberg. “Il quadro che emerge è allarmante ed esige prudenza perché ci vorrà ancora molto tempo e fatica per delineare i contorni di questa vicenda”, osserva il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. La vicenda, sottolinea il magistrato, “preoccupa sia per dimensione sia per il livello imprenditoriale dei dati personali e riservati. Davvero stiamo appena cominciando a capire come funziona questo mercato clandestino delle informazioni riservare”.

Scandalo Equalize: come funzionava la fabbrica dei dossier

Negli atti d’indagine si parla di “creazione di vere e proprie banche dati parallele vietate (…) per finalità di profitto oppure a scopo estorsivo e ricattatorio, per condizionare e influenzare all’occorrenza soprattutto i settori della politica e dell’imprenditoria, ovvero per danneggiare l’immagine dei competitor professionali e imprenditoriali”.

Oltre alle attività investigative effettuate alla luce del sole nel rispetto della legalità, la Equalize e le altre società coinvolte nell’inchiesta raccoglievano informazioni attraverso l’accesso abusivo a una serie di banche dati, come quella delle forze dell’ordine – nota come Sdi (Sistema Di Indagine) e quelle dell’Inps, dell’Agenzia delle Entrate, della Guardia di Finanza e dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente.

Ciò avveniva grazie ad agenti delle forze dell’ordine compiacenti e utilizzando attività di hackeraggio come il sistema informatico Beyond sviluppato da Calamucci, uno dei principali indagati. I dossier così creati venivano poi venduti a cifre che potevano oscillare dai 5mila ai 15mila euro ciascuno. Così la Equalize avrebbe incassato un totale di oltre 3,1 milioni di euro di “profitti illeciti”.

I dati sottratti venivano archiviati utilizzando un sistema di classificazione “a semaforo”, per cui venivano etichettate le persone in base a un codice cromatico, definendone la “pericolosità”.

I legami con Servizi segreti e criminalità organizzata

Dall’inchiesta della Procura di Milano e della Dda meneghina che la Equalize aveva collegamenti anche con settori deviati dei Servizi segreti italiani e con pregiudicati per mafia.

Per il pm Francesco De Tommasi, la presunta associazione a delinquere godeva di “appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei Servizi segreti, pure stranieri” e aveva una struttura “a grappolo”, in modo che ogni componente e collaboratore avesse “contatti nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni” con cui “reperire illecitamente dati”, che venivano poi usati per essere rivenduti a chi li chiedeva.

La fabbrica dei dossier: i protagonisti

Enrico Pazzali, 60 anni, ha fondato Equalize nel 2018 e tutt’ora ne detiene il 95% delle quote. È indagato ma il giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata nei suoi confronti dalla Procura.

Per il pm Francesco De Tommasi, era “pienamente consapevole che una delle principali fonti informative utilizzate da Equalize era lo Sdi”. Per il gip Fabrizio Filice, invece, “Pazzali riveste un ruolo visibilmente più marginale” e “non sembra completamente a conoscenza delle reali attività, dimensioni e invasività dell’attività criminosa”: vi sarebbero intercettazioni cin cui i suoi collaboratori “si accordano per tenerli nascoste le potenzialità informatiche più eclatanti”.

Considerato vicino al centrodestra lombardo e al presidente della Regione Lombardi Attilio Fontana, Pazzali ha sempre saputo mantenere buoni rapporti anche con il centrosinistra (tanto che il sindaco di Milano Beppe Sala, sostenuto dal centrosinistra, ne aveva appoggiato la nomina a presidente della Fondazione Fiera). Il titolare della Equalize, che è anche consigliere dell’Università Bocconi, ha alle spalle una lunga carriera da dirigente di società partecipate da enti pubblici, come appunto la Fiera di Milano ma anche la romana Eur.

L’altro 5% di Equalize fa capo a Carmine Gallo, 65 anni, originario di Gragnano, in provincia di Napoli, trent’anni di servizio in Polizia. Nel 2018 era andato in pensione: poco prima era stato condannato a due anni (con la non menzione) perché aveva intrattenuti rapporti con un confidente delle forze dell’ordine che faceva il doppio gioco. Nella sua lunga carriera Gallo si è distinto in particolare per il suo sapersi insinuare negli ambienti della criminalità, anche organizzata, riuscendo così a condurre in porto anche operazioni considerate quasi impossibili.

Secondo gli inquirenti, nella “fabbrica dei dossier” di via Pattari, Gallo giocava un ruolo di primo piano tramite il coinvolgimento di membri delle forze dell’ordine attualmente in servizio. Per questo il gip ha concesso nei suoi confronti la custodia cautelare agli arresti domiciliari.

Ai domiciliari è finito anche Nunzio Samuele Calamucci, 44 anni, ingegnere, originario di Bollate, in provincia di Milano, è socio di minoranza di Mercury Advisor, una società di investigazione privata. Calamucci è l’ideatore del software Beyond, che riusciva a “bucare” le banche dati riservate senza farsi scoprire.

Le altre due persone finite agli arresti domiciliari sono l’imprenditore di Reggio Emilia Giulio Cornelli, 38 anni, amministratore e socio unico della società Develop and Go, e l’investigatore privato Massimiliano Camponuovo, considerati tra i “capi” dell’organizzazione.

Le vittime dei dossieraggi della Equalize

Tra i dati violati da parte della presunta associazione a delinquere ci potrebbero essere quelli il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dagli atti di indagine emerge infatti che Calamucci avrebbe fatto intendere di essere riuscito a intercettare una mail della casella di posta del Capo dello Stato o comunque di essere riuscito a utilizzare abusivamente o a clonare tale account.

Anche Letizia Moratti era finita nel mirino. Nel 2023, ai tempi delle elezioni regionali della Lombardia, Pazzali avrebbe chiesto informazioni su persone vicine politicamente a Moratti – candidata con il Terzo Polo – per favorire la candidatura di Attilio Fontana.

Agli atti ci sarebbe poi una telefonata tra Pazzali e la ministra del Turismo Daniela Santanchè in cui il titolare della Equalize sconsiglierebbe di inserire nello staff della presidente del Consiglio Giorgia Meloni il noto manager Guido Rivolta, che definisce “nazista maligno” sulla base delle informazioni che sostiene di avere.

Da un’intercettazione si evince inoltre che Pazzali avrebbe chiesto di redigere un rapporto sul presidente del Senato Ignazio La Russa e su suo figlio Geronimo. E poi, nell’elenco degli altri spiati figurano il senatore di Italia Viva, nonché ex premier, Matteo Renzi; Giovanni Gorno Tempini, attuale presidente di Cassa Depositi e Prestiti ed ex presidente di Fondazione Fiera Milano; Paolo Scaroni, ex amministratore delegato di Eni e attualmente presidente di Enel e del Milan; i banchieri Massimo Ponzellini e Roberto Mazzotta; i giornalisti Gianni Dragoni (Sole 24 Ore) e Giovanni Pons (La Repubblica); e il cantante Alex Britti.

Alcuni manager della compagnia petrolifera Erg e del colosso agroalimentare Barilla avrebbero chiesto dati sensibili su alcuni dipendenti ritenuti infedeli.

L’imprenditore ed ereditiere Leonardo Maria Del Vecchio avrebbe commissionato alla Equalize l’accesso al telefono di una donna con cui aveva allora una relazione e la raccolta di dati sensibili su membri della sua stessa famiglia. Anche il banchiere Matteo Arpe avrebbe chiesto di ottenere informazioni bancarie sui conti correnti di una donna.

Le reazioni della politica

Commentando l’inchiesta, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni parla di “eversione”: “Nella migliore delle ipotesi – dice – c’è un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione”.

In un’intervista al Corriere della Sera, il presidente del Senato Ignazio La Russa si dice “stupito, più che allarmato, dalle notizie di una azione di dossieraggio” nei supi riguardi”. “Non ho niente da nascondere” sottolinea: “L’unica cosa che mi premerebbe sapere è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia”. “Conosco da anni Enrico Pazzali, che ho sempre ritenuto una persona perbene  e vorrei poter considerare, fino a prova contraria, un amico di vecchia data”, ha aggiunto La Russa. “Non è di area Fratelli d’Italia, ed è noto che i suoi attuali ruoli in Fiera non dipendano dal mio partito e tantomeno da me. Ma mai avrei immaginato che potesse fare una cosa del genere. Non sapevo nemmeno che avesse una società che si occupa di queste cose”.

Secondo il ministro della Difesa Guido Crosetto, “la cosa più importante sarebbe sapere però se esiste un filo rosso che lega, magari nell’inconsapevolezza degli attori minori, tutte queste, e molte altre, raccolte informative, intrusioni illegittime, inseguimenti, pedinamenti, filmati, fotografie, registrazioni, non autorizzate e non giustificate da nulla di legale e a tutela dell’interesse pubblico”. Crosetto ricorda di essere stato lui il primo a lanciare l’allarme dossier: “Le dimensioni ormai raggiunte dai fenomeni che stanno emergendo, che per me non sono che la punta dell’iceberg di un malcostume diffusissimo, devono portare anche il Parlamento ad una riflessione su come vada affrontato, normato ed indagato questo tema, che può gravemente minare la convivenza democratica, influenzandone uno svolgimento corretto. In molti, troppi, ne hanno goduto, in questi anni”, ha aggiunto il ministro.

“Non siamo al sicuro. Gli hacker sono più avanti”, dice al Corriere della Sera il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “C’è un gap da colmare tra le capacità criminali, le nostre dotazioni tecnologiche e la normativa. Dobbiamo allinearci anche lavorando con la fantasia. Prevedere anziché inseguire le loro mosse. La captazione dei dati non è nulla rispetto al vero pericolo imminente: la manipolazione con l’intelligenza artificiale creerà fake news capaci di fare grande danno”, avverte il ministro.

Matteo Renzi invece punta il dito contro il Governo: “La Meloni – osserva – fa la vittima un giorno sì e un giorno no. Ma da due anni la nostra presidente del Consiglio è a Palazzo Chigi. Le chiedo: ehi, Giorgia, ma cosa sta facendo l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale?”.

I capigruppo del Partito democratico Francesco Boccia e Chiara Braga scrivono in una nota che “il quadro che emerge dall’inchiesta hacker e dalle notizie che quotidianamente leggiamo sulla vicenda è inquietante”. “Siamo di fronte ad un sistema di sicurezza del Paese che fa acqua da tutte le parti e che, come è evidente, viene usato dalla destra al governo per pericolosi dossieraggi e faide interne”, sottolineano i dem. “A questo punto è necessario che la presidente del Consiglio venga con urgenza in Parlamento: vogliamo sapere come sia possibile che sia stato violato il sistema dello Sdi, con hackeraggi di dati che, a quanto pare, toccano le più alte cariche dello Stato”.

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