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Home » Cronaca

Dalla Russia agli Stati Uniti via Siracusa: nelle sanzioni a Mosca c’è una falla in Sicilia

Immagine di copertina

L’Isab è la seconda raffineria italiana. Ed è di proprietà della russa Lukoil. Che da qui esporta benzina anche negli Usa, nonostante l’embargo imposto al Cremlino. Ma è tutto legale. Ecco perché il caso è diventato un giallo internazionale

Guidando nel buio della notte verso luscita nord di Siracusa, appena dopo viale Scala Greca, si imbocca lex statale 114 in contrada Targia, unica via di accesso e fuga a ovest della città.

Oltre il finestrino scorrono luci scintillanti di strutture alte come grattacieli. A una bambina potrebbe sembrare la versione ridotta di Manhattan, ma da quei palazzi escono fumi velenosi che si diffondono nellaria e nel mare, inquinando le vite tuttattorno.

È il polo petrolchimico Isab Lukoil, il secondo più grande dItalia e il quinto in Europa. Il complesso occupa unarea di circa tre milioni di metri quadrati e si estende tra i comuni siciliani di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli. Dispone di oltre 300 serbatoi per lo stoccaggio di greggio e gestisce tre pontili delle navi petroliere e gasiere: due nel porto di Augusta e una nella rada di Santa Panagia, a Siracusa. Limpianto è finito al centro di una video inchiesta pubblicata dal The Wall Street Journal, in cui si evidenzia come lembargo americano al petrolio russo venga aggirato da diverse aziende statunitensi attraverso alcune raffinerie, tra cui proprio lIsab Lukoil. E tutto in maniera perfettamente legale.

Consuetudini di mercato

Questo tipo di triangolazione è possibile a causa di una consuetudine consolidata sul mercato internazionale per cui benzina e altri derivati del petrolio assumono la denominazione dorigine del Paese in cui vengono raffinati e non di quello da cui provengono. Gli Stati Uniti possono legittimamente importare greggio russo, perché essendo lavorato in Sicilia, si trasforma magicamente in un prodotto Made in Italy. Il Wall Street Journal ha tracciato le petroliere che hanno consegnato i prodotti raffinati provenienti da Siracusa a sette diversi compratori, in 13 diverse località, incluso il terminal di Exxon, vicino a Houston, e in New Jersey. La maggior parte della benzina è stata poi consegnata sempre in Texas, al terminal di Magellan, una società di prodotti energetici. Questi fatti segnano una falla nel sistema sanzionatorio americano, che aveva imposto il blocco al petrolio e al gas proveniente da Mosca lo scorso 8 marzo.

LIsab Lukoil, invece, non avrebbe eluso alcuna sanzione russa, dal momento che nellEurozona lembargo al petrolio di Mosca non scatterà prima del 5 dicembre. Questa settimana è partito lultimo carico di greggio russo diretto allindirizzo della Lukoil di Siracusa. Arriverà tra circa due settimane e sarà lultimo da raffinare, poi per le 10mila persone – quasi tutte con famiglie monoreddito – che lavorano nel polo petrolchimico, si aprirà un grande punto interrogativo. Il rischio è quello di ritrovarsi a fronteggiare la cassa integrazione, la riduzione dellattività se non addirittura lo spegnimento dellimpianto.

Senza alternative

Prima che Mosca invadesse lUcraina, lIsab Lukoil comprava il greggio da produttori di tutto il mondo: una quota tra il 20 e il 30 per cento arrivava dalla Russia, mentre il 70 per cento proveniva da altri fornitori, soprattutto dal Mar Nero, dal Medio Oriente e dallAfrica. Tuttavia, quando è scoppiata la guerra e sono state adottate le prime sanzioni contro il Cremlino, le banche italiane ed europee hanno smesso di concedere credito e garanzie alla raffineria siciliana. Proprio a causa della zona grigia” in cui si trova la proprietà dellimpianto.

LIsab Lukoil non ricade nel perimetro delle aziende colpite dalle sanzioni europee contro la Russia. È unazienda giuridicamente italiana con una componente svizzera, la Litasco, che è controllata però al 100 per cento dallaffiliata austriaca del colosso russo. Tuttavia, nonostante Lukoil sia la seconda azienda petrolifera russa – dopo la statale Rosneft – non è interessata dalle sanzioni, né statunitensi né europee. Tanto che lazienda opera ancora – con propri distributori – in undici stati federali americani. Ad oggi, lIsab di Siracusa importa gas russo per il 93 per cento, il restante è kazako. Linterruzione delle linee di credito non ha permesso alla raffineria di comprare greggio altrove, ma solo da Mosca.

La necessità di mantenere alti livelli di produzione ha fatto aumentare in modo significativo le importazioni di petrolio russo: una crescita del 143 per cento nel primo semestre del 2022. Un paradosso in un periodo in cui lEuropa tagliava i suoi acquisti per non finanziare la guerra di Putin.

Futuro incerto

Ma adesso che cosa succederà allIsab Lukoil? «Siamo già oltre tempo massimo, a poco più di 20 giorni dalla deadline del 5 dicembre», spiega a TPI il segretario generale della Cgil a Siracusa, Roberto Alosi. «Questo è il motivo per cui, almeno sei mesi fa, come organizzazioni sindacali Cgil Cisl e Uil avevamo già chiesto al governo precedente di promulgare la lettera di assicurazione al sistema bancario che avrebbe dovuto sbloccare le linee di credito interrotte allIsab. Lattuale governo ha finalmente inviato al sistema bancario la cosiddetta comfort letter”. È un passaggio propedeutico perché si affronti il problema, ovvero: che cosa faremo dopo il 5 dicembre?».

I tempi tecnici per approntare soluzioni di nazionalizzazione o di cessione dellimpianto richiederebbero passaggi legislativi e burocratici lunghi e sembra che lunica soluzione temporanea sia un provvedimento ponte che dia qualche mese di respiro per salvare una situazione al collasso. Un cerotto, nellattesa di trovare una cura a una ferita molto più grande.

«Abbiamo dichiarato lo sciopero generale dellarea industriale per venerdì 18 novembre e abbiamo chiamato tutta la città a manifestare, in quanto siamo convinti che non bisogna soltanto ripristinare la piena funzionalità di Lukoil. Ma crediamo che questo polo abbia tutte le condizioni per garantire il futuro del nostro distretto industriale, guardando ai prodotti decarbonizzati, alla transizione energetica e agli obiettivi europei dellagenda 2030», conclude Alosi.

«Siracusa ha tutte le condizioni per diventare uno degli hub energetici rinnovabili più importanti nel bacino del Mediterraneo. Vogliamo fare arrivare al governo la pressione forte di un territorio che pretende di essere messo in cima allagenda politica di questo governo».

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