Il figlio di Totò Riina contro il comune di Corleone: “Non mi rinnovano la carta d’identità, io perseguitato”
“Voglio essere lasciato in pace e poter vivere tranquillamente la mia vita, seguendo il mio lavoro di autore e dedicare il mio tempo ai miei affetti e interessi, come una persona qualsiasi”: si sente perseguitato dal suo nome ingombrante e dal suo passato, Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito di Totò Riina, che attraverso il suo legale fa sapere della sua recente disavventura con il comune di Corleone, che non vuole rinnovargli la carta d’identità. Nel paese in cui vive dallo scorso aprile con la madre Ninetta Bagarella non è il benvenuto.
“Nonostante abbia pagato il mio debito con la giustizia, nonostante mi sia allontanato da ogni logica delinquenziale e nonostante non abbia più nessun procedimento a carico, mi sento perseguitato, oppresso, tartassato e bersagliato per ogni cosa io faccia”, dice in una nota stampa firmata insieme alla sua legale di fiducia, l’avvocata Fabiana Gubitoso del Foro di L’Aquila. “La notizia – spiega l’avvocata- desta subito grande attenzione e lo stesso sindaco del paese, Nicolò Nicolosi, convoca un consiglio comunale al fine di deliberare di sollecitare le autorità e la magistratura ad obbligare il Riina a lasciare la città poiché la sua presenza viene ritenuta inopportuna, sgradita e indesiderata”.
Salvo Riina ha espiato interamente la sua pena, inflittagli per reati che risalgono al 2002, di 8 anni e 10 mesi. È stato sottoposto prima a sorveglianza speciale e poi a libertà vigilata, per ulteriori 8 anni, quattro anni fa gli sono state revocate tutte le misure di sicurezza. Il magistrato di sorveglianza di Pescara riteneva che avesse “avuto una costante adesione al trattamento rieducativo e una seria revisione critica del suo trascorso. Né vi sono elementi concreti, specifici ed attuali per ritenerlo ancora vicino ad organizzazioni criminali”.
“Può, quindi, il sindaco di un paese, e quindi, lo stesso consiglio comunale chiedere di allontanare e/o impedire di chiedere la residenza ad un cittadino italiano, libero da ogni vincolo o prescrizione?”, si domanda la legale di Riina. “Affermare pubblicamente che il Riina sia ancora pericoloso – insiste – significa non credere alla rieducazione del reo e calpestare la nostra Costituzione; continuare ad accostare il suo nome al padre, significa avere pregiudizi e preconcetti indelebili”.