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“Se non ti laurei sei un fallito”: ritratto di una generazione schiacciata dal successo a ogni costo

Immagine di copertina
Credit: Tommaso Ausili/contrasto

È la vostra rivalsa: “sono le vostre storie, con le vostre parole”. Un’inversione di tendenza su come i giornali parlano di università. Da oggi grazie a voi non solo picchi individuali e mantra del successo a tutti i costi ma la problematizzazione delle disuguaglianze sistemiche. A cui oggi noi diciamo basta, con lode.

Luca, 29 anni, studiava Economia a Bologna e si è tolto la vita buttandosi da un ponte. Antonio, 26 anni, si è lanciato da una delle grandi finestre della facoltà di Lettere e Filosofia della Federico II di Napoli. Manlio, 25 anni, frequentava medicina a Pavia e si è impiccato nello studentato. Il filo rosso che accomuna questi tre ragazzi che nell’ultimo anno hanno compiuto il gesto più estremo è lo stesso triste copione della perfezione ad ogni costo. Tutti e tre si erano inventati esami, sedute di laurea inesistenti, addirittura avevano simulato la rilegatura della tesi. Una menzogna che diventa un vortice diabolico da cui sembra non esserci alcuna via di uscita se non la morte.

Per decenni abbiamo subìto il mito del successo. Ci hanno detto che bisognava finire tutti gli studi nei tempi, avere voti alti per emergere, restare nei binari dei programmi educativi, fare carriera prima degli altri. Chi non era dentro al sistema, chi saltava un passaggio, chi restava indietro era un reietto, letteralmente un emarginato. Per la prima volta, purtroppo anche alla luce dell’emorragia di suicidi tra gli universitari, questo modello viene messo in discussione.

La dittatura del successo

La competizione uccide, come ci spiega Gabriele Raimondi, presidente dell’Ordine degli psicologi in Emilia Romagna ed esperto dell’età evolutiva: «Il perfezionismo è quella tendenza a raggiungere sempre il massimo risultato dando il massimo della prestazione. Si tratta di una caratteristica che coinvolge tanti aspetti dell’esperienza cognitiva, affettiva, relazionale e sociale dell’individuo». «Volersi migliorare – continua lo psicologo – è certamente stimolante, ma quando questo desiderio porta ad un’eccessiva severità nei confronti di sé stessi, e, quindi, a stati di malessere, il perfezionismo diventa patologico. Per cui un esame non viene mai affrontato per paura di non essere abbastanza preparati con il risultato di allungare i tempi di permanenza all’Università e di aumentare il senso di incapacità. Sempre più persone si sentono valutate in base ai propri risultati. Un errore psicologico che merita il giusto ascolto per evitare che possa portare a scelte irreversibili». Scelte come quelle di Luca, Antonio o Manlio, che non sono casi isolati ma solo gli ultimi di una lunghissima lista. Lo confermano i dati: in base a un recente report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale il suicidio è la seconda causa di morte (subito dopo gli incidenti stradali) tra gli under30. Volendo circoscrivere il fenomeno all’Italia, l’Istat ha stimato in circa 4mila i suicidi che avvengono ogni anno nel nostro Paese. Di questi, oltre il 5 per cento vede protagonisti ragazzi sotto i 24 anni. Stiamo parlando di 200 casi l’anno.

Questo si riflette anche sulla sanità. L’ospedale pediatrico romano Bambino Gesù ha da poco diffuso numeri sconcertanti: in appena 8 anni, le richieste urgenti di pronto soccorso per tentati suicidi sono aumentate di 20 volte….

Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui
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