Rigopiano, 22 archiviazioni. Il padre di una vittima a TPI: “Ho fatto una promessa sulla bara di mio figlio e andrò avanti finché avrò vita”
Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime dell'hotel Rigopiano di Farindola, commenta a TPI la notizia dell'archiviazione per 22 indagati nel filone principale dell’inchiesta sulla tragedia avvenuta il 18 gennaio 2017
Rigopiano, 22 archiviazioni. Padre vittima: “Andrò avanti finché avrò vita”
Rigopiano, 22 archiviazioni, il padre di una vittima: “La famiglia Feniello ha perso fiducia nella magistratura, leggevo che altri parenti delle vittime sono ancora fiduciosi, e hanno perso la battaglia ma non la guerra. Io invece avevo un po’ di fiducia nella magistratura, ma ora l’ho persa completamente”.
Questo è il primo commento che Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle 29 vittime dell’hotel Rigopiano di Farindola, rilascia a TPI alla notizia che il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, ha disposto l’archiviazione per 22 indagati nel filone principale dell’inchiesta sulla tragedia avvenuta il 18 gennaio 2017, quando morirono 29 persone a causa della valanga che travolse la struttura.
“La vita di mio figlio non ha prezzo, non ho bisogno dei soldi, voglio solo che sia fatta giustizia. Per me andava pretesa la sospensione di tutti questi indagati, invece ieri sera mi ha chiamato l’avvocato per darmi questa notizia. Non so se rendo l’idea”.
C’è molta amarezza e rabbia nelle parole del padre di Stefano, il 28enne originario di Valva (Salerno), il cui corpo privo di vita fu estratto nella notte del 24 gennaio dalle macerie dell’hotel.
“Sono emerse cose dalla trasmissione “Le Iene” e sono rimasto schifato, non so come queste persone riescano a credere ancora nella magistratura. Sono sicuro che se le persone che erano indagate avessero fatto il loro lavoro con coscienza, oggi mio figlio sarebbe ancora vivo. Ogni ente ha delle responsabilità, anche io che faccio l’amministratore di condominio. Oggi un magistrato mi dice che queste persone, quello che hanno fatto, l’hanno fatto bene, sono scioccato”.
“La prima cosa che avevo chiesto di fare era che queste persone fossero sospese dal loro incarico”, prosegue Feniello. Quale processo vogliamo affrontare? Alla fine i tribunali ci verranno a dire che la colpa è di mio figlio che stava lassù. Questa è la sensazione che ho io: che qualcuno alla fine dirà che non ci sono responsabili in quanto alla fine mio figlio non doveva essere là, visto che il tempo non lo permetteva. Alla fine pagheremo noi parenti delle vittime”.
“La mia paura è che questa tragedia non avrà dei colpevoli, anzi, ne sono quasi certo dopo ieri sera”.
Quando gli chiediamo cosa farà e come intende reagire, il signor Feniello non ha dubbi:
“Ho già dato disposizione ai miei avvocati di leggere le 70 pagine della sentenza e vedere il da farsi, se ci sono i presupposti per andare in Cassazione, io andrò in Cassazione. Tanto la mia vita finché campo sarà questa”.
E c’è una sola ragione che lo muove: “Ho fatto una promessa a mio figlio e l’unico motivo per cui vado avanti è questa promessa che ho fatto sulla sua bara: io non mi fermerò finché vivo, fin quando non vedrò i responsabili della sua morte in carcere. Io andrò avanti fino alla fine, finché avrò vita”.
“Certi giorni mi auguro di morire prima, così faccio un favore a tanta gente. Io mio figlio lo sento sempre vicino, chiaramente non lo vedo fisicamente, non lo vedo tornare a cena o a pranzo, ora si avvicinano le festività per noi sarà un momento difficile perché per noi ormai le feste non esistono più”, afferma ancora il papà di Stefano.
“La rabbia che ho dentro da quasi 3 anni è vedere 28 famiglia che hanno perso i figli parlare con quella serenità. Allora mi chiedo se sono che sono anormale. Mia moglie è schifata, sta preparando le valigie, ora parte per Verona, è schifata dal sistema e ora se ne va. Dopo la notizia ha chiamato l’altro nostro figlio per farsi fare il biglietto. Stiamo combattendo contro i mulini a vento”, conclude.