Esclusivo. Covid, Rieti: radiografie ai pazienti nei parcheggi. L’ospedale: “Tutto a norma”. Ma un documento dimostra che non è così
Dopo le foto diffuse da TPI, che mostravano come all'ospedale di Rieti venissero fatti esami radiografici su pazienti appena usciti dall'ambulanza, all'esterno della struttura, la ASL aveva replicato: "Procedura prevista". Ora però emerge un documento che prova il contrario: la comunicazione al personale sanitario è avvenuta solo oggi, 3 novembre, in seguito alla nostra inchiesta
Il diavolo fa i coperchi ma non le pentole. Mai detto popolare fu più appropriato in merito alla vicenda legata alle fotografie pubblicate due giorni fa da TPI, in cui si vedono alcuni medici bardati con tuta, mascherina e occhiali che stanno effettuando, nel parcheggio del Pronto Soccorso dell’ospedale de Lellis di Rieti, esami radiografici su pazienti, uno oncologico, appena usciti dall’ambulanza e ancora stesi sulla barella. Immagini che testimoniano come la pandemia abbia messo in ginocchio alcune strutture ospedaliere, in cui i reparti Covid sono ormai saturi di pazienti.
Dopo la pubblicazione delle foto sulla nostra testata, è arrivata una nota della direzione aziendale Asl, in cui il direttore del DEA – Dipartimento di Emergenza e Accettazione, dottor Flavio Mancini, spiegava che “il Pronto Soccorso dell’Ospedale de’ Lellis di Rieti ha messo a punto un percorso per i pazienti che giungono in ambulanza per patologia riferibile al SARS-CoV2. Per evitare attese prolungate, al suo arrivo in ospedale il paziente viene immediatamente sottoposto, senza entrare all’interno della struttura, al tampone molecolare e ad una radiografia del torace. Tale procedura è possibile grazie alla fattiva collaborazione tra il Dipartimento di Emergenza e Accettazione e l’Unità Diagnostica per Immagini”. Tutto quello che vi abbiamo documentato, secondo questa versione, sarebbe insomma avvenuto sulla base di una procedura già stabilita e collaudata, e comunicata a tutti gli operatori sanitari. La Direzione Aziendale chiudeva peraltro la nota con una stoccata, velatamente (ma non troppo) minacciosa: “In merito alle altre notizie pubblicate sulla citata testata giornalistica e che rimandano a dichiarazioni inerenti la gestione della pandemia, la Direzione Aziendale si riserva di tutelare la propria immagine nelle idonee sedi e di procedere ad una denuncia per procurato allarme”.
Ma il coperchio mancante arriva oggi. Emerge infatti un documento interno, che siamo in grado di mostrarvi in esclusiva, recante la data del 3 novembre, quindi successivo a quanto dichiarato domenica, e a firma dello stesso direttore del DEA, Flavio Mancini e del direttore del Dipartimento Servizi Stefano Canitano. Il documento ha come oggetto: “Procedura operativa al fine di rendere disponibile in tempi brevi lo sblocco delle ambulanze dell’Ares 118 in relazione all’emergenza Sars-Cov-2”. All’interno si legge che “si dispone e si autorizza con la presente che, in caso di temporanea saturazione degli ambienti di afferenza al pronto soccorso, i pazienti che giungessero al DEA in ambulanza per sintomi sospetti riferibili a infezione Sars-Cov-2, al fine di evitare lo stazionamento delle ambulanze oltre al tempo strettamente indispensabile e al fine di poter effettuare una valutazione dei pazienti in tempi brevi, vengano sottoposti all’indagine radiologica del torace, tramite l’apparecchiatura digitale diretta wireless o l’apparecchiatura portatile anche all’esterno degli ambienti del DEA, nelle immediate vicinanze dell’ambulanza stessa. Si dispone che vengano attrezzati strumenti atti a garantire la privacy, la sicurezza e la radioprotezione degli operatori e dei pazienti. Sentito l’esperto che autorizza per le vie brevi, in base al principio di giustificazione e urgenza la procedura, si dispone la verifica di allontanamento della popolazione, pazienti e lavoratori di circa 3 metri dalla fonte radiogena nel corso dell’esecuzione dell’esame”.
Qualcosa non torna. Se nel comunicato di domenica, inviato in risposta alla nostra inchiesta, si sosteneva che quegli esami nei parcheggi fossero normali ed eseguiti sulla base di protocolli già comunicati al personale ospedaliero, come mai il documento che vi abbiamo appena mostrato reca invece la data di oggi? Sembra che tale comunicazione interna sia stata diffusa solo dopo la denuncia di TPI, per mettere una toppa (in questo caso peggiore del buco) e che il primo novembre non esistesse già una procedura collaudata per effettuare gli esami radiografici nei parcheggi dell’ospedale, come invece dichiarato dal direttore del DEA Mancini.
Questo nuovo documento sembra essere insomma, a tutti gli effetti, un autogol, soprattutto dopo che organi di stampa locali e nazionali sono stati accusati di procurato allarme. Forse in un momento come questo, con il personale allo stremo e oltre 70 positivi tra medici e infermieri, sarebbe opportuno portare avanti una comunicazione diversa e capire che quella che si combatte è una guerra. Non ribadendo ogni giorno che va tutto bene, che non ci sono problemi, ma prendendo atto, a maggior ragione in considerazione dei 91 positivi di oggi nella città di Rieti, che collaborare è sempre meglio che scontrarsi. Soprattutto per dare sicurezza e certezze al personale sanitario e ai pazienti.
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