Il politologo Ricolfi: “La sinistra è schiava del politicamente corretto, protegge l’Islam per interessi elettorali”
Sul caso della ragazza pakistana scomparsa la sinistra e le associazioni dei diritti delle donne restano in silenzio per una ragione buona e per una cattiva. La ragione buona è che, al momento, non si sa come siano andate effettivamente le cose, e neppure se la ragazza pachistana sia viva o morta. La ragione cattiva è che la sinistra ha un occhio di riguardo per l’Islam, e teme che i lati più imbarazzanti di quella cultura, e in particolare il suo modo di trattare la donna, compromettano il progetto politico di diventare i rappresentanti elettorali di quel mondo”. A parlare è Luca Ricolfi, sociologo che insegna Analisi dei Dati all’Università di Torino, nonché responsabile scientifico della Fondazione Hume che in un’intervisto a La Nazione, commenta il caso di Saman Abbas, la ragazza scomparsa a Novellara (Reggio Emilia), e che si pensa sia stata uccisa dai familiari perché non voleva sottomettersi a un matrimonio combinato.
“Temo che, anche se vi fosse la certezza che Saman è stata uccisa dai familiari, un velo pietoso verrebbe steso sulla vicenda, meno interessante di quella di qualche aspirante attrice molestata da registi o produttori”, prosegue il sociologo secondo cui il “politicamente corretto – nato per combattere le discriminazioni – sta diventando oggi uno dei meccanismi attraverso cui passano nuove e meno visibile forme di discriminazione”.
Secondo Ricolfi, “concedendo una protezione speciale a una serie di presunte minoranze si finisce per attenuare le garanzie e indebolire le tutele nei confronti di quanti hanno la sola colpa di non far parte di alcuna categoria protetta. Non solo, ma si viene a instaurare una sorta di presunzione di innocenza o di responsabilità attenuata, per chiunque commetta reati ma abbia il vantaggio di far parte di una categoria protetta. Con tanti saluti al principio per cui dovremmo essere giudicati per quel che facciamo, non per quello che siamo”.
“Come fare con gli islamici che continuano i infibulare le ragazze e a obbligarle a sposare giovani scelti dalle famiglie?”, chiede il giornalista Raffaele Marmo, a cui risponde: “Il problema è che noi non abbiamo il coraggio di dirgli la verità, ovvero quel che davvero la maggior parte di noi pensa: e cioè che per noi certi loro costumi sono barbari. E che se vogliono vivere con noi possono mangiare quello che vogliono, pregare il dio che gli pare, vestirsi come gli aggrada, ma non può esserci alcun comportamento che sia proibito a un italiano e permesso a loro”.