“La riapertura delle scuole di ogni ordine e grado può provocare un’onda epidemica non contenibile”: lo studio
La riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado rischia di provocare un’onda epidemica di Covid “non contenibile”. Più in generale, allentare le restrizioni anti-contagio quando l’incidenza delle infezioni da Sars-CoV-2 è ancora alta “può portare ad un rapido nuovo picco dei casi, e quindi dei ricoveri, anche se l’Rt è inferiore ad 1”.
Lo afferma uno studio basato sui dati della cosiddetta prima ondata della pandemia, condotto dai ricercatori di Fondazione Bruno Kessler (Fbk), Istituto Superiore di Sanità (Iss) e Inail (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro).
L’indagine è stata pubblicata oggi, venerdì 8 gennaio 2021, sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science of the United States.
L’analisi condotta – precisano i ricercatori – “non permette di distinguere tra infezione trasmessa all’interno degli edifici scolastici e infezione trasmessa durante le attività peri-scolastiche (es. trasporti, possibili assembramenti fuori degli edifici scolastici, attività extra-scolastiche)”.
Tuttavia, “riattivare quasi completamente i contatti sociali e le scuole di ogni ordine e grado, come avvenuto in tarda estate, può risultare in un’onda epidemica non contenibile senza severe misure restrittive”.
La sola riapertura delle scuole dagli asili fino alle medie, invece, “potrebbe avere un impatto limitato sulla trasmissibilità di Sars-Cov-2 a causa della minor suscettibilità all’infezione dei bambini e ragazzi fino a circa 14 anni di età”.
Per quanto riguarda la tempistica con cui vengono riattivati i contatti sociali, la ricerca mostra che un anticipo prematuro delle riaperture può incidere notevolmente sull’andamento dell’epidemia. Ad esempio, “anticipare al 20 aprile la fine del lockdown avvenuta il 18 maggio avrebbe potuto generare un incremento di circa il 500% delle ospedalizzazioni cumulative rispetto a quelle osservate da maggio fino a fine settembre”.
Dall’analisi è emerso inoltre che “per permettere margine di azione dopo il rilascio delle restrizioni” pè necessario che l’indice Rt sua minore di 1, mentre “la bassa incidenza è necessaria per mantenere il livello dei casi, e quindi di ospedalizzazioni e decessi, approssimativamente costante dopo che Rt ritorna a valori vicini a 1 a seguito delle riaperture”.
L’Rt a livello nazionale – sottolineano i ricercatori – è stato stimato a circa 3 in febbraio, è poi sceso sostanzialmente sotto 1 nel giro di due settimane a seguito del lockdown imposto l’11 marzo ed è poi ricresciuto a valori vicini e anche leggermente superiori a 1 a seguito delle riaperture del 18 maggio.
“L’incidenza deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l’isolamento dei casi e la quarantena dei contatti”, spiega Stefano Merler, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler. “Basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a causa dell’aumento di incidenza di casi durante la seconda onda, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100.000 abitanti”.
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