Lista di “filo-putiniani”, è giallo sulla provenienza del dossier attribuito al Copasir. Il presidente: “Non ne sapevo niente”
La presunta “rete di Putin” svelata dal Corriere della Sera è finita nel mirino dopo che il Copasir ha smentito la paternità dell’indagine attribuita da via Solferino al Comitato parlamentare. “La rete è complessa e variegata. Coinvolge i social network, le tv, i giornali e ha come obiettivo principale il condizionamento dell’opinione pubblica (…) La rete filo-Putin è ormai una realtà ben radicata in Italia, che allarma gli apparati di sicurezza perché tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo. E lo fa potendo contare su parlamentari e manager, lobbisti e giornalisti. L’indagine avviata dal Copasir è entrata nella fase cruciale”, scriveva il quotidiano il 5 giugno scorso.
Ma dopo poco è arrivata la smentita del Copasir. “La lista – ha detto il presidente in quota FdI Alfonso Urso – l’ho letta sul giornale, io non la conoscevo prima. Noi abbiamo attivato un’indagine alla fine della quale, ove lo ritenessimo, produrremo una specifica relazione al Parlamento”. A fare eco alle dichiarazioni di Durso il sottosegretario con delega per la sicurezza Franco Gabrielli, il quale ha chiarito che i Servizi italiani non hanno mai “stilato una lista di politici, giornalisti, opinionisti o commentatori, né hanno mai svolto attività di dossieraggio”. Gabrielli ha spiegato che di recente si è riunito un tavolo di lavoro interministeriale istituito nel 2019 per individuare contenuti riconducibili al fenomeno della disinformazione, che non riguarda però i singoli soggetti. Secondo l’ex capo della polizia le indiscrezioni sarebbero dunque “destituite di ogni fondamento”.
Ad essere accusati di far parte della “galassia filorussa” c’erano “i soliti noti“: il professore della Luiss Guido Carli e firma del Fatto Quotidiano Alessandro Orsini, l’ex presidente della Commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli, ma anche Pietro Benassi, rappresentante diplomatico italiano presso l’Ue ed ex consigliere diplomatico di Conte a Palazzo Chigi. E ancora: freelance, economisti, influencer e attivisti politici che secondo il dossier in mano al Corriere interverrebbero nei momenti cruciali del conflitto, quelli in cui Mosca è in difficoltà, per influenzare l’opinione pubblica e interpretare le informazioni a favore del Cremlino. Una vera “macchina della controiformazione” che “nei momenti chiave attacca i politici pro Kiev e sostiene quelli dalla parte dei russi”, scrivevano le croniste che si sono occupate dell’inchiesta.
Un documento sarebbe in effetti arrivato sulla scrivania di Urso, ha poi dichiarato il presidente del Copasir, ma solo ieri mattina – tre giorni dopo la pubblicazione del pezzo – e dal contenuto classificato. È giallo dunque sulla provenienza della lista, che il quotidiano aveva definito “materiale dell’intelligence”. “Questa lista dei filoputiniani pubblicata dal Corriere è una cosa vergognosa. Una volta i giornali i dossieraggi li svelavano e li denunciavano, non facevano da buca delle lettere e da ventilatore per spargere lo sterco in giro per la rete e per le edicole”, ha commentato a “Dimartedì” (La7) il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Intanto alcuni membri della presunta “rete” hanno già annunciato l’intenzione di querelare il quotidiano nato a Milano.
“Farò causa al Corriere della Sera. Anche per tutti i miei colleghi liberi che devono subire le prepotenze di Luciano Fontana. E per i tanti adolescenti che credono in un Paese più libero e onesto di quello in cui viviamo”, ha fatto sapere Orsini. Anche il fotografo freelance Giorgio Bianchi – definito “noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo politico-propagandistico filorusso” – ha detto di voler denunciare via Solferino: “Querelo sicuramente”, ha dichiarato.