Razzismo: “Guardate cosa ho trovato al mio risveglio davanti casa stamattina. In Italia non si può vivere”
Una donna, Balkissa Maiga, italiana ma originaria del Mali, ha subito l'ennesimo pesante episodio di razzismo a Roma. La sua denuncia a TPI
Razzismo Italia, la denuncia a TPI: “Cosa ho trovato davanti casa”
Ennesimo episodio di razzismo in Italia: “Ho aperto la porta di casa per portare la bambina a scuola e ho trovato questo bel regalo sul tappetino di casa. Mia figlia vede le bucce di banana e dice: ‘forse qualcuno le ha messe lì’. Chiaramente non capisce la gravità della cosa. Da adulto capisci, senti un pugno nel cuore e ti domandi: ‘siamo arrivati fino a questi livelli?’. Può essere stato chiunque: un vicino, un passante, chiunque arriva a violare la tua privacy fino all’ingresso di casa tua e così ti dice: ‘posso fare quello che voglio di te'”.
Oggi ci troviamo a scrivere l’ennesima pagina triste di razzismo. Una donna, Balkissa Maiga, italiana ma originaria del Mali, denuncia a TPI un grave episodio di razzismo. Balkissa vive a Roma da 10 anni, a viale Marconi da 7.
Nella mattina di giovedì 14 novembre, stava uscendo di casa e ha trovato bucce e scarti di banane sul tappetino di casa. Una chiara offesa di stampo razzista.
TPI l’ha contattata telefonicamente per farsi raccontare l’accaduto.
Ho avuto uno screzio con un vicino piuttosto aggressivo, un mese fa. Ma non posso certo dire sia stato lui. Ora abbiamo anche visto che qualcuno ha disegnato una svastica nell’ascensore. E ieri non c’era.
Ho chiamato i Carabinieri, sono venuti, hanno fatto il verbale. Ora denuncio anche la svastica nell’ascensore. Ma devo capire chi è stato. Non mi sento più sicura dentro casa mia, né io, né per mia figlia.
Vivo a Roma da 10 anni e in questa casa da 7 anni. Sono attrice. Mio marito è romano. Sono originaria del Mali ma sono cittadina italiana da anni.
Mai come negli ultimi 2 anni mi sono sentita così aggredita con tanta facilità per strada. Prima le persone si limitavano a farti capire cosa pensavano ma non osavano dirlo. Negli ultimi due anni la gente sente di avere il permesso di fare tutto. Le aggressioni verbali che ho vissuto per strada non le conto più. Sui mezzi pubblici non ne parliamo. Sono arrivata al punto di non volerli più prendere. Torno quasi sempre in macchina.
Abito a viale Marconi, potrei prendere tranquillamente i mezzi per andare al centro di Roma, ma non posso farlo.
L’anno scorso ero a un festival di film sulla diaspora a Firenze e un tassista, quando gli feci notare che il prezzo della corsa era troppo alto, mi disse “tornatene al tuo Paese”. Arrivata a Roma, presi un altro taxi, e anche qui la tassista cominciò a dire che le donne straniere vogliono farsi mantenere dallo Stato italiano. Arrivata a Piramide le chiesi di scendere.
Questi sono sono alcuni episodi. Sugli autobus più volte mi hanno chiamata “negra”, la situazione è peggiorata. Io provo a far capire alle persone che non possono fare così, utilizzare questi termini. Nessuno quel giorno si è avvicinato per dire “cosa succede?”.
Non si può continuare a vivere così. Ogni volta che esco di casa penso “ok, devo preparare a difendermi”.
In questo sicuramente la politica ha giocato un ruolo importante. La politica ha usato l’altro per incolparlo del malessere degli italiani. La politica ci ha reso bersagli. Ha fatto pensare agli italiani che se stanno male è colpa degli stranieri, per distrarre l’opinione pubblica. Io sono italiana, io vivo qui.
Sono preoccupata per mia figlia, è metà bianca e metà nera. Anche lei a scuola sente il ragazzino di 6 anni che le dice “vattene a casa tua”. Lei chiaramente non capisce e chiede alla maestra. Ma a me chi mi difende oggi? A cosa porterà questa denuncia? Io mi devo mettere nelle condizioni di auto-proteggermi.
In Italia il razzismo c’è eccome, e mai come in questi ultimi due anni è venuto fuori.
Lo senti quando cammini, quando scendi dalla macchina, la gente ti guarda, ti insulta, “negra di merda, negra di merda”. Questo episodio mi ha veramente buttato a terra. Penso sempre di avere gli strumenti per rispondere alla gente, alle volte provo proprio a fare delle lezioni, mi hanno messo nella situazione di doverlo fare. Ma ora non ne posso più.