Prove Invalsi: la fotografia che emerge è drammatica
La fotografia che emerge dagli esiti delle Prove Invalsi 2023 è drammatica. Per onestà intellettuale va detto: da studente non sempre venivano prese con la serietà dovuta, in quanto spesso non facevano parte del calderone dei voti che influivano sulla media finale. Tuttavia si confermano due trend davvero spaventosi, in un momento storico in cui si sente spesso della necessità di investire moltissimo sulle professionalità per avere a che fare con i mestieri del futuro. Non è possibile, in primis, che si apprenda che il 51% degli studenti e delle studentesse non raggiungano il livello di sufficienza in italiano, e il 50% in matematica. Un Paese in cui il 49% di chi termina un corso di studi non riesce a comprendere un testo complesso rischia davvero di non essere all’altezza delle sfide del futuro.
Nel suo ultimo rapporto, il World Economic Forum ha stimato che nel 2027 la diffusione dei sistemi di Intelligenza Artificiale creerà 69 milioni di nuovi posti di lavoro a fronte di 83 milioni che potranno essere eliminati. Per rispondere a questa innovazione che corre, auspicabilmente migliorando le nostre vite se saremo in grado di guidarla, è necessario che si investa moltissimo sulla cultura e sullo studio delle nuove generazioni. Un basso tasso di alfabetizzazione e di capacità logica e matematica non sono di aiuto rispetto alla necessità di avere a che fare con le nuove tecnologie e con i lavori che cambiano.
Un secondo aggravante è poi quello che riguarda il divario nord-sud: per la Matematica il differenziale raggiunge il 31%. E la distanza non riguarda soltanto la didattica, ma anche la presenza alle lezioni che rappresenta un ulteriore fattore di difficoltà per le famiglie e i giovani che risultano meno supportati dallo Stato nel loro percorso di crescita professionale e come cittadini. Sono più soli.
Questi non sono solo dati, purtroppo. Sono elementi che determinano la necessità di investire maggiormente su istruzione e coesione territoriale. Se il governo invece che parlare di autonomia differenziata si soffermasse su una riflessione seria su questi temi, probabilmente potremmo affrontare meglio il futuro.
Ormai appare chiaro: investire sulla scuola e sulla coesione territoriale tra nord e sud significa investire sulla capacità del Paese di adattarsi ad un mondo del lavoro che cambia, minimizzando i rischi e massimizzando le opportunità. Se non si capisce questo non si potrà andare molto lontano.
Giovanni Crisanti, Roma, 24 anni
Presidente de L’asSociata Roma Autore dei libri Battiti e Virtual Politik