La storia di Bouba, primo titolare di protezione internazionale laureato in Italia
Fugge dal Mali, arriva in Italia, e ottiene una borsa di studio dall'Università di Sassari. Oggi è laureato e sogna d'insegnare in Europa
Si chiama Boubakar Koulibaly, ha 31 anni, viene dal Mali, ed è il primo titolare di protezione umanitaria ad aver conseguito una laurea in Italia.
Boubakar, conosciuto da tutti come Bouba, studiava nella capitale del Mali, Bamako, quando nel 2015 è scappato a causa della guerra civile.
Le coste italiane le ha raggiunte fuggendo dalla Libia su un barcone, poi soccorso dalla nave umanitaria di una Ong.
In Italia viene destinato a un centro di accoglienza di Alghero, dove ottiene la protezione internazionale e incontra Silvia Serrelli, professoressa del Dipartimento di Architettura di Sassari e delegata del rettore per le politiche d’integrazione dei migranti e rifugiati, a cui Bouba confida il sogno di proseguire gli studi.
In Mali, infatti, era iscritto all’Università e stava per laurearsi in Antropologia.
Con il sostegno della tutor riesce a ottenere il finanziamento della Conferenza dei rettori delle Università italiane e del Ministero dell’Interno per rifugiati e titolari di protezione sussidiaria, costretti nel proprio Paese a interrompere gli studi. Si immatricola così nel Dipartimento di Architettura, design e urbanistica dell’Università di Sassari.
Il 17 luglio, tre anni dopo, consegue la laurea magistrale con una tesi su La cultura Maliana e gli effetti urbani delle migrazioni, che gli è valsa il massimo dei voti, 110.
“Avevo un sogno quando sedevo sui banchi dell’università a Bamako: fare un master in Europa. Era un sogno irrealizzabile per diverse ragioni, eppure ho provato a seguire un sogno e ho camminato a lungo verso L’Europa. Questa tesi è la mia utopia e da qui ripartirò per costruirne altre”, scrive Bouba nel messaggio di ringraziamento proiettato durante la sua seduta di laurea all’Università di Sassari.
Nella sua tesi Bouba ha raccontato come il sistema d’accoglienza italiano, affiancato alla formazione e alla cultura, produce un modello virtuoso perché “costringe” i migranti a essere autonomi, a vivere come gli italiani. Nel suo percorso è stato fortunato, perché ha incontrato una persona che ha saputo valorizzare il suo bagaglio di esperienze e permettergli di realizzare al meglio le sue idee, in un momento in cui molti titolari di protezione internazionale hanno goduto dei progetti del sistema Sprar, il cui obiettivo era quello di andare oltre il semplice sistema di accoglienza dei migranti, e permettere loro d’integrarsi attraverso lo studio e il lavoro.
Il cammino di Bouba adesso non si ferma. Il neo dottore, che nel frattempo lavora in un ristorante di Alghero e vive con colleghi e amici, ha già un nuovo sogno nel cassetto, ovvero quello di diventare professore, continuare a studiare, fare ricerca e insegnare. Nell’Europa che lo ha accolto.