Usa, 34 donne fanno causa a Pornhub: “Ha diffuso i video dei nostri stupri”
Trentaquattro donne vittime di tratta di esseri umani, pedopornografia e stupro hanno fatto una causa negli Stati Uniti alla società MindGeek, casa madre del sito-web Pornhub, accusando la piattaforma di aver divulgato filmati di presunti atti di sfruttamento sessuale. L’azione legale, intentata da uno studio internazionale, non è l’unica avviata in America a coinvolgere la multinazionale del porno, attualmente sotto indagine anche da parte delle autorità canadesi.
La causa, depositata ieri dallo studio Brown Rudnick LLP presso la Corte federale degli Stati Uniti per il Distretto Centrale della California, chiede a MindGeek il pagamento dei danni causati alle vittime dallo sfruttamento dei video delle presunte violenze e l’adozione di nuove politiche aziendali che assicurino il caricamento sul sito-web di filmati di soli atti consensuali. Nessuna delle accuse mosse dai querelanti è stata finora accertata da alcun tribunale come comprovata dai fatti.
“Archiviata presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Centrale della California, la denuncia sostiene che Pornhub e MindGeek abbiano consapevolmente approfittato di video che raffigurano stupri, sfruttamento sessuale di minori, revenge porn, tratta di esseri umani e altri contenuti relativi ad atti sessuali compiuti senza consenso”, si legge in una dichiarazione pubblicata oggi sul sito-web dello studio legale, che dichiara di lavorare al risarcimento dei danni subiti dalle vittime e per assicurare “protezione da ulteriori sfruttamenti per loro e per migliaia di altre”.
In una nota, i legali di Pornhub hanno annunciato che stanno esaminando la causa, ricordando però le rigorose misure già adottate dalla piattaforma per evitare abusi, quali il divieto di caricare video da parte di utenti non verificati. Il sito-web ha precisato di prendere sempre seriamente in considerazione qualsiasi genere di denuncia di abusi, compresa l’azione legale intentata dallo studio Brown Rudnick LLP. La società adotta una politica di “tolleranza zero nei confronti dei contenuti illegali e indaga su qualsiasi reclamo o accusa mossa in relazione ai contenuti caricati sulle nostre piattaforme”, si legge nella nota.
Tuttavia, l’azione legale intentata dallo studio internazionale, presente con varie sedi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia, non è la prima causa avviata in America contro la casa madre di Pornhub. Almeno cinque azioni legali sono state intentate contro la società solo nell’ultimo anno negli Stati Uniti e in Canada per conto di vittime di abusi contro i minori e tratta sessuale in relazione al caricamento di filmati di atti non consensuali.
L’ultima causa in California: la denuncia di 40 donne
Altre 40 donne avevano citato in giudizio MindGeek in California alla fine dello scorso anno, accusando la società madre di Pornhub di continuare a trarre profitto da alcuni filmati pornografici pubblicati senza il loro pieno consenso, nonostante la richiesta di rimuoverli.
L’azione legale, intentata il 15 dicembre 2020 presso un tribunale distrettuale federale, sostiene che la multinazionale del porno “sapesse o avrebbe dovuto sapere” che uno dei propri partner commerciali, GirlsDoPorn, ricorreva regolarmente “a frodi, truffe e coercizione” per obbligare le donne ad apparire nei video.
Nonostante le denunce e le richieste di rimozione dei video, secondo l’accusa, MindGeek non avrebbe interrotto la propria partnership con il sito-web fino al 2019, quando le autorità statunitensi hanno incriminato gli amministratori di GirlsDoPorn. In più, stando alla denuncia, le piattaforme riconducibili alla casa madre di Pornhub non avrebbero rimosso i video quando richiesto dalle donne che vi comparivano.
Le querelanti richiedono pertanto un risarcimento danni di oltre 40 milioni di dollari. Va ricordato che nessuna delle accuse mosse nell’azione legale è stata finora accertata da alcun tribunale come comprovata dai fatti. Il caso comunque non esaurisce le indagini su MindGeek, finita sotto inchiesta anche in Canada.
Le indagini in Canada su MindGeek e Pornhub
La posizione della società è infatti attualmente al vaglio sia del Commissario per la privacy, Daniel Therrien, che di un comitato del Parlamento canadese, che ieri ha inviato al governo di Ottawa una serie di raccomandazioni in merito.
L’authority ha annunciato di aver avviato le indagini dopo aver ascoltato una serie di testimonianze da parte di varie donne che accusano Pornhub di aver ignorato le proprie richieste di rimuovere alcuni filmati pornografici dalla piattaforma. Il Comitato etico della Camera dei Comuni canadese ha invece cominciato a esaminare il caso MindGeek già a dicembre, a seguito di un editoriale firmato da Nicholas Kristof e pubblicato dal New York Times in cui si raccontavano le storie di alcuni minori vittime di abusi, i cui video erano stati caricati sulla piattaforma porno.
In settimana, 104 vittime di reati legati allo sfruttamento sessuale e 525 organizzazioni non governative attive in vari Paesi dall’Austria allo Zambia avevano esortato il Canada ad avviare una “indagine penale completa” sulla casa madre di Pornhub. Una lettera inviata al Comitato etico della Camera dei Comuni canadese chiedeva infatti al governo federale canadese di promuovere un’inchiesta giudiziaria su MindGeek, accusata di aver violato le leggi per la tutela dei minori e di aver divulgato contenuti sessuali senza consenso.
In relazione al caso, i membri del Comitato canadese hanno inviato ieri 14 raccomandazioni non vincolanti al governo del premier Justin Trudeau, tra cui un invito ad aggiornare le norme per rendere le piattaforme porno online “legalmente responsabili della moderazione e delle decisioni di rimuovere i contenuti e del danno arrecato alle persone in caso di sforzi risultati inadeguati”.
La multinazionale è da mesi oggetto di pesanti critiche a seguito dell’accusa di aver divulgato filmati contenenti atti di sfruttamento e di non aver adeguatamente analizzato il materiale illegale caricato sulle proprie piattaforme. I dirigenti dell’azienda hanno sempre negato qualsiasi illecito, ribadendo che la società è “leader mondiale” nella prevenzione della distribuzione di contenuti relativi ad abusi sessuali su minori e ad atti non consensuali.
“MindGeek adotta una politica di tolleranza zero nei confronti dei contenuti relativi ad atti non consensuali, a materiale pedopornografico e qualsiasi altro contenuto che non goda del consenso di tutte le parti interessate”, aveva annunciato la società a fine 2020. “Le strazianti storie dei sopravvissuti ad abusi e i contenuti non consensuali ci hanno scossi tutti”. In primis, economicamente.
A dicembre, dopo l’articolo di Kristof, diverse importanti società come Visa e MasterCard avevano infatti sospeso i servizi di pagamento su Pornhub, spingendo la più grande piattaforma di contenuti pornografici al mondo a rimuovere quasi 10 milioni di filmati pubblicati da utenti non verificati.
Pornhub: le contromisure adottate contro gli abusi
Per far fronte alle critiche ricevute, l’8 dicembre 2020, prima della pubblicazione dell’editoriale di di Kristof, Pornhub aveva vietato agli utenti non verificati di pubblicare filmati sulla piattaforma per poi rimuovere questo genere di contenuti dal sito-web. Così, tra domenica 13 e le prime ore di lunedì 14 dicembre 2020, il numero di video online sul sito era sceso da 13,5 a circa 4,7 milioni.
In una nota, la multinazionale del porno sottolineò le implicazioni di questa mossa: “Questo significa che ogni contenuto di Pornhub proviene da utenti verificati, un requisito che piattaforme come Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, Snapchat e Twitter devono ancora istituire”. Secondo la piattaforma, negli ultimi tre anni la Internet Watch Foundation, una ong indipendente, ha riportato solo 118 casi di materiale pedopornografico caricato su Pornhub, mentre nello stesso lasso di tempo Facebook ha auto-segnalato 84 milioni di casi simili.
“È chiaro che Pornhub è preso di mira non a causa delle nostre politiche e del modo in cui ci confrontiamo con i nostri colleghi, ma perché siamo una piattaforma di contenuti per adulti”, si era difesa allora la società. “I due gruppi che hanno guidato la campagna contro la nostra azienda sono il National Center on Sexual Exploitation (precedentemente noto come Morality in Media) e l’Exodus Cry/TraffickingHub, due organizzazioni dedite all’abolizione della pornografia, al divieto di divulgazione di materiale che ritengono osceno e al bando dei sex worker”.
Proprio una di queste associazioni, la National Center on Sexual Exploitation, ha definito “uno scherzo” il processo di verifica dell’età delle persone apparse nei video adottato dalla piattaforma. Secondo Dani Pinter, legale dell’organizzazione, diversi sopravvissuti affermano che i filmati condivisi senza consenso, a volte raffiguranti aggressioni sessuali o pedopornografia, siano stati pubblicati da utenti verificati di Pornhub. Secondo i regolamenti presenti sul sito-web dell’azienda, questi “partner” devono inviare un selfie di se stessi con in vista un pezzo di carta su cui sia scritto il proprio nome utente e l’indirizzo “pornhub.com”.
In un’intervista, Pinter ha citato la storia di una vittima in Florida, di cui erano stati caricati sulla piattaforma porno ben 68 video. “Era una bambina scomparsa che è stata ritrovata proprio a causa di quei filmati”, ha raccontato il legale. “L’aguzzino era un utente verificato che aveva caricato quei video”.
A febbraio 2021, l’amministratore delegato di MindGeek, Feras Antoon, e il direttore operativo dell’azienda, David Tassillo, hanno affermato che tutti i contenuti pubblicati sulla piattaforma vengono esaminati utilizzando vari strumenti software prima di essere approvati da moderatori umani. “Insegniamo sempre a tutti i nostri operatori a peccare di cautela: se hai anche solo un dubbio, non farlo caricare”, ha testimoniato il 5 febbraio Tassillo al Comitato etico della Camera dei Comuni canadese.
Secondo MindGeek, l’azienda va anche “al di là” di quanto richiesto alle società del settore dalla legge canadese. “Coloro che pubblicano contenuti relativi ad abusi e ad atti non consensuali sono criminali: non smetteremo di lavorare per migliorare la nostra sicurezza finché non avremo impedito a ciascuno di questi criminali di abusare delle nostre piattaforme”, ha affermato la società in una nota, ricordando la collaborazione con oltre 40 ong allo scopo di moderare e segnalare i contenuti presenti sulle proprie piattaforme.
Secondo John Clark, direttore esecutivo del National Center for Missing & Exploited Children, che si occupa del ritrovamento dei minori scomparsi o vittime di abusi negli Stati Uniti, l’azienda si è registrata volontariamente presso l’ong già nel marzo del 2020 al fine di segnalare eventuali contenuti pedopornografici. Soltanto a febbraio 2021, secondo Clark, Pornhub ha inviato più di 13 mila segnalazioni all’organizzazione statunitense, di cui 9.000 riguardanti gli stessi utenti o più parti del medesimo filmato.
MindGeek: l’impero del porno in vendita
Intanto, malgrado le azioni legali e le indagini pendenti sull’azienda, una società di private equity guidata dall’ex imprenditore canadese del settore della cannabis, Chuck Rifici, è in trattative per acquisire una quota significativa di MindGeek. Secondo il quotidiano canadese The Globe and Mail, le trattative sono in corso da mesi ma non è stato ancora raggiunto alcun accordo.
Stando a quanto riportato, Rifici ha fondato la Bruinen Investments Inc. ad aprile con il preciso scopo di acquisire MindGeek e i suoi oltre 100 portali web, tra cui il suo patrimonio più importante: Pornhub, uno dei siti porno più visitati al mondo con fino a 170 milioni di utenti unici giornalieri e quasi 460 milioni di dollari di ricavi annui.
Al momento non è emersa ancora alcuna cifra per l’affare, ma i precedenti parlano di numeri almeno a nove zeri. L’azienda, con sede legale in Lussemburgo e quartier generale in Canada, era stata acquistata per 300 milioni di dollari nell’ottobre del 2013, quando ancora si chiamava Manwin Holding SARL, da Bernd Bergmair, Feras Antoon e David Tassillo. Bergmair, un uomo d’affari austriaco residente a Londra, è l’azionista di maggioranza e possedeva già un altro portale porno online prima di acquisire MindGeek.