“Per 50 anni nessuna manutenzione”: chiuse le indagini sul Ponte Morandi di Genova
Si sono chiuse le indagini sul Ponte Morandi di Genova, il viadotto autostradale della A10 che crollò il 14 agosto del 2018 causando la morte di 43 persone. La Guardia di Finanza sta notificando oggi – giovedì 22 aprile – gli avvisi ai 71 indagati dopo l’inchiesta della Procura di Genova durata quasi tre anni. Due gli incidenti probatori: uno sullo stato di salute del viadotto al momento della tragedia e un secondo sulle cause vere e proprie del disastro che si è chiuso lo scorso febbraio.
La perizia del professor Pier Giorgio Malerba e dell’ingegner Renato Buratti, consulenti della Procura di Genova, sulle cause del crollo descrivono “incoscienza”, “negligenza”, “immobilismo”, “comunicazioni incomplete, equivoche, fuorvianti”, “manutenzioni inadeguate”. Secondo l’accusa determinante è stata la rottura dello strallo, ovvero il tirante di cemento e acciaio che reggeva la strada e che andrebbe controllato periodicamente: “Nonostante i numerosi segni premonitori, nessuno ha preso decisioni per la messa in sicurezza delle parti più critiche del viadotto. Per 50 anni i cavi della pila collassata non sono stati oggetto di alcun sostanziale intervento di manutenzione”.
L’indagine
L’indagine ha coinvolto oltre 200 testimoni, intercettazioni, materiale sequestrato da computer e telefonini e quasi duemila pagine di accuse dal disastro e omicidio colposo all’attentato alla sicurezza dei trasporti alla rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
L’inchiesta è stata diretta dal Procuratore di Genova Francesco Cozzi. I pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme con l’aggiunto Paolo D’Ovidio avevano indagato 71 persone tra ex vertici e tecnici delle aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato.
Gli ulteriori filoni da seguire
Dalla tragedia sono nati altri filoni di indagine che hanno fatto luce sul modus operandi del vecchio management dell’azienda improntato, secondo l’accusa, al massimo risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci. La procura ha aperto fascicoli per i falsi rapporti sullo stato di salute di altri viadotti, sulle barriere fonoassorbenti pericolose, fino alle gallerie dopo il crollo nella Berté il 30 dicembre 2019.
In tutti i filoni di indagine sono coinvolti anche l’ex amministratore di Aspi, Giovanni Castellucci, l’ex direttore delle operazioni centrali, Paolo Berti, e l’ex direttore manutenzione Michele Donferri Mitelli, oltre che le due società Aspi e la controllata Spea, la controllata che si occupava delle manutenzioni sotto accusa per responsabilità amministrativa. Entrambe del gruppo Benetton.
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