Perugia, la moglie lo tradisce: lui chiede 600mila euro di risarcimento all’amante
Perugia: uomo chiede risarcimento all’amante della moglie
Un uomo chiede 600mila euro di risarcimento all’amante della moglie, ritenuto colpevole della fine del suo matrimonio: è quanto accaduto a Perugia con l’istanza, però, che è stata respinta dai giudici civili di primo e secondo grado.
La vicenda, raccontata da Il Messaggero, ha inizio un paio di anni fa quando un uomo di Deruta, in provincia di Perugia, si convince che la moglie lo stia tradendo con un altro.
“Io lavoro tutti i giorni a Spoleto, finito il turno portavo i bambini agli allenamenti di calcio, li seguivo nei compiti e nelle attività extrascolastiche, collaboravo in famiglia e lei invece mi tradiva” ha raccontato ai giudici.
“Quello ha iniziato a farle regali, a corteggiarla in maniera incalzante. Insomma, l’ha istigata a tradirmi, facendola allontanare di casa pomeriggi interi e pure di sera, senza una spiegazione neanche ai bambini. Avevamo una bella famiglia che si è distrutta per colpa di lui. E ora deve risarcire me e i miei figli”.
I due successivamente si sono separati e l’uomo ritiene che il divorzio sia da attribuire proprio all’amante della donna. Sia l’ex moglie che il presunto amante, però, hanno sempre negato la relazione, anche davanti ai giudici civili.
Nonostante questo, però, l’uomo ha deciso di portare in tribunale il suo presunto avversario in amore chiedendo un risarcimento di 600mila euro per aver distrutto la sua famiglia.
I legali dell’uomo hanno fatto riferimento agli articoli del codice civile che disciplinano il matrimonio. Secondo gli avvocati, infatti, l’infedeltà “produce danno dà titolo al coniuge tradito di chiedere il relativo risarcimento anche nei confronti del terzo”.
I giudici di primo grado, però, hanno respinto la richiesta perché il tradimento non è stato provato, mentre quelli di secondo grado hanno riconosciuto al presunto amante “il diritto di autodeterminazione, nonché della propria libertà sessuale, costituzionalmente garantiti”.
La vicenda, quindi, si è conclusa con l’istanza che è stata respinta sia in primo che in secondo grado e il presunto tradito che è stato costretto anche a pagare le spese processuali.