L’ex direttrice della Croce Rossa Italiana: “Nella Fase 2 più spazio alle donne”
Intervista a Patrizia Ravaioli: “Siamo state completamente escluse dalla gestione dell'emergenza-Covid”
Patrizia Ravaioli: “Nella Fase 2 più spazio alle donne” | VIDEO
“Sarà una nuova società quella che si costruirà nella fase 2 dell’emergenza-Covid: le donne partecipino”, è l’appello di Patrizia Ravaioli, direttore generale della Croce Rossa italiana dal 2008 al 2015 e oggi manager nel settore dell’health care a Milano. Commentando l’idea della virologa Ilaria Capua di far rientrare prima le donne al lavoro, Ravaioli osserva: “Forse quella della Capua era una provocazione, visto che le donne sono completamente scomparse dalla leadership nella gestione dell’emergenza”.
Ricordando che la Capua è praticamente “l’unica donna che sta parlando in questa emergenza”, che il “Comitato di esperti” designato dal capo della Protezione Civile è composto da 20 nomi maschili e neanche uno femminile, così come la task force di Vittorio Colao ne include solo 4 su 17, l’ex d.g. della CRI lancia l’allarme: “Le donne siano presenti nelle varie task force, e in tutti i gangli dove si va a ricostruire una nuova società”. “Ci abbiamo messo 74 anni a modificare la società”, con un lento e progressivo inserimento delle donne nel mondo lavorativo, oggi non possiamo essere lasciate indietro, a fronte del terremoto economico causato dal Coronavirus”, evidenzia Ravaioli, che è anche membro di Fuori Quota, organismo no-profit per l’empowerment femminile.
In questa emergenza “moltissime donne sono in prima linea, medici, infermiere, donne delle pulizie, donne in prima linea a creare pasti per le mense”. E allora l’auspicio è, per esempio, che sia inserito nella task force per la ricostruzione anche un medico di base donna. Donne che a casa “fanno ‘smart working ai fornelli’, come dice un mio amico scherzando”, conclude lRavaioli in relazione al “doppio lavoro che in tempi di crisi covid ricade sulle lavoratrici, al pc e al contempo impegnate nella gestione dei carichi familiari, figli in primis”.
Ma c’è ben poco da scherzare perché in Italia, stando a dati dell’Università Bocconi, meno di una donna su due lavora (il 48,9 %), un terzo ha impieghi part-time e il 13,7% ha contratti a tempo determinato, e su di loro rischia di abbattersi la scure dell’impatto economico della dell’epidemia. Del tema si occupa anche la petizione #datecivoce, che vede tra le firmatarie Paola Bocci, consigliera del PD in Regione Lombardia: “Il problema è che tante donne capaci, in tutti campi, non riescono ancora a raggiungere posizioni apicali tali da poter incidere e avere tale visibilità che oggi avrebbe potuto portarle ad essere chiamate per incarichi come la task force emergenza Covid” E così “il primo pensiero va agli uomini: c’è un nodo culturale non ancora sciolto”.
Leggi anche: 1. Mentre in Italia ci si interroga sui “congiunti”, all’estero si pensa a come gestire il lockdown del sesso / 2. Parenti sì, fidanzati no. Un governo può decidere per legge una gerarchia degli affetti? (di F. Salamida) / 3. La Fase 2 e i diritti Lgbt negati: l’Italia non è la famiglia del Mulino Bianco (di M. Giorgi)