Patrick Zaki esce dal carcere dopo 22 mesi: “Grazie a chi mi ha sostenuto. Avete tenuto accesa la luce”
Patrick Zaki esce dal carcere dopo 22 mesi: “Grazie a chi mi ha sostenuto. Avete tenuto accesa la luce”
“Sono ancora un po’ confuso, tutto sta andando velocemente. Ma ora sono felice, sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo. Tutto qui”. Lo ha detto Patrick Zaki in un’intervista al Corriere della Sera, parlando dalla sua casa di infanzia a Mansura, in Egitto, dove ieri è stato rilasciato dopo quasi due anni di detenzione.
“Non mi hanno annunciato che sarei stato rilasciato”, ha detto lo studente dell’università di Bologna, arrestato l’8 febbraio 2020, poco dopo essere atterrato al Cairo, e tutt’ora accusato di aver diffuso notizie dannose per lo Stato egiziano. “All’improvviso mi hanno portato al commissariato, e hanno iniziato a prendermi le impronte. Non capivo cosa stesse succedendo, non c’erano segnali che mi stessero per scarcerare. Ero confuso”, ha aggiunto, affermando di non poter parlare delle torture e dei maltrattamenti subiti durante i 670 giorni di detenzione. “Non posso dire tutti i dettagli e preferisco non parlare delle condizioni di detenzione. Ma poi ho capito che c’era una speranza. È la speranza, sai, la cosa più difficile da tenere in vita quando ti tolgono la libertà”.
“Io devo solo dire grazie all’Italia per essere stata vicina a me e alla mia famiglia”, ha detto il 30enne, che all’università di Bologna seguiva un master in studi di genere. “Grazie a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce. E l’elenco è lunghissimo. Gli amici in ogni parte del mondo, che si sono dati da fare per me. Ma anche la vostra delegazione diplomatica che è venuta alle udienze. Poi l’università di Bologna. Tutti i compagni di master, ma in particolare la professoressa Rita Monticelli. È la mia mentore al master Gemma a Bologna. Una persona che mi ha trattato come un figlio. E non mi ha trasmesso solo conoscenza ma anche valori. L’empatia, il rispetto. E l’ascolto. E poi mia sorella Marise. Ma sicuramente così faccio arrabbiare qualcuno, mi fermo qui”.
“Vedere in aula i vostri rappresentanti diplomatici durante le udienze mi ha dato forza. Non dimenticherò mai tutte le volte in cui durante le visite mi venivano raccontate le manifestazioni, delle piazze. E di tutte le iniziative organizzate per chiedere il mio rilascio in questi quasi due anni”, ha ribadito Zaki.
“Mi ha riempito di orgoglio sapere che una persona del livello della senatrice Liliana Segre e della sua statura morale si sia interessata a me. Voglio conoscerla. Assolutamente. Spero che questo avvenga quanto prima. Spero che avvenga presto che io possa tornare in Italia. Non so se ci sia un’interdizione per viaggiare all’estero. Per ora so che posso tornare al Cairo”, ha aggiunto, auspicando di poter riprendere presto il master a Bologna. “Non vedo l’ora di poter riabbracciare i miei compagni, i miei professori”. “E c’è un posto dove vorrei andare prima o poi, in Italia. A Napoli. Non ci sono mai stato. La mia bisnonna Adel veniva da Napoli. Non parlo così bene l’italiano, ma l’accento di quella parte del Paese mi ha sempre affascinato. Amo molto gli autori napoletani”.
Nell’intervista Zaki ha anche parlato dei libri che ha potuto leggere in carcere. “Dostoevskij, Saramago. E poi ‘L’amica geniale’ di Elena Ferrante. Il mio preferito, forse. I libri dell’Università invece erano più complicati da avere. Ho provato anche a scrivere qualche volta ma non sempre mi era permesso tenere il blocco. Scrivere permette di rielaborare, di processare l’accaduto. Una persona a me vicino mi ha insegnato questo”.