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Home » Cronaca

“Basta salotti tv: vi racconto il Covid direttamente da dentro il reparto”

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Illustrazione: Emanuele Fucecchi

Mi presento: sono un medico. Un Medico Neurologo. Lavoro in un ospedale ad indirizzo geriatrico ad Ancona. Si chiama INRCA, Istituto Nazionale di Ricovero e Cura dell’Anziano. È un Istituto pubblico a carattere scientifico, che si occupa principalmente (ma non solo) di cura e ricerca relativamente alle patologie della terza età. È il centro di riferimento per tutte le patologie dell’anziano, l’unico in Italia ad essere classificato, sin dal 1963, come di livello nazionale in questo settore.

Voi vi chiederete: perché ce lo stai raccontando? A noi cosa interessa? Bene, diciamo subito che non vi racconto tutto questo per fare l’encomio del posto in cui lavoro. Come tutti i grandi ospedali, infatti, ha, ovviamente, i suoi pregi, ma anche le sue problematiche. Ve ne parlo invece per un altro motivo, molto semplice: non ci sarebbe potuto essere per me medico probabilmente un posto migliore di un grande ospedale geriatrico per capire che cosa è stato, cos’è e cosa spero non sarà più il Covid-19.

Chiariamoci subito: il Covid non va sottovalutato mai, a nessuna età. Può mandare in rianimazione anche ragazzi di 18 anni in piena salute, può uccidere giovani sportivi. È pericoloso sempre. Per tutti. Ma non vi è dubbio alcuno che le persone più a rischio per morire di questa malattia sono gli anziani. Soprattutto gli anziani fragili. Che non sono solo quelli che hanno tante malattie. Magari estremamente invalidanti come la demenza. Gli anziani fragili sono anche gli anziani soli. Abbandonati. Che non hanno nessuno con cui parlare e che magari quando vengono portati in ospedale è già troppo tardi. Perché non c’è nessuno che ha chiamato il 118 appena si sono aggravati. Ecco, io ne ho visti tanti di anziani fragili devastati da questa malattia.

Li ho visti e li vedo anzitutto nella mia veste di neurologo venendo spesso chiamato nei reparti Covid come consulente. Perché il Covid – è bene ricordarlo – non è solo una malattia dei polmoni. Può colpire tutto l’organismo, anche cuore e cervello. In effetti di questo quasi nessuno ne parla, ma è bene che sappiate che il Covid-19 produce sintomi neurologici in circa il 35 per cento dei casi. Si associa a malattie neurologiche molto gravi che magari avete sentito in Tv (come ictus ischemici e trombosi venose cerebrali) e malattie altrettanto gravi di cui però molti di voi probabilmente non hanno mai sentito parlare, come le encefaliti, cioè delle terribili infiammazioni del cervello.

Per tutto questo, quindi, il Covid dal punto di vista del neurologo purtroppo ho imparato a conoscerlo bene. Ma ad un certo punto ho potuto vederlo nel suo insieme e non solo dalla prospettiva dell’esperto di sistema nervoso. E lì ho capito tante cose. Perché, e questo è un pensiero rivolto soprattutto ai miei colleghi, vederle nel loro insieme è sempre poi il modo migliore di approcciare le malattie complesse, quale il Covid è.

Ecco, nel mio caso è successo questo: quando mi sono avvicinato arrivando a strettissimo contatto col Covid, lì l’ho compreso nella sua interezza. Il che, a pensarci bene, sembrerebbe un controsenso. Noi infatti siamo abituati ad avvicinarci alle cose per coglierne i dettagli e ad allontanarci da esse per osservarle nel loro insieme. Tra me e il Covid è successo esattamente il contrario. Quando mi sono avvicinato davvero, quando l’ho toccato realmente con mano, lì l’ho scorto per la prima volta per intero. Non solo come malattia che ti ruba l’ossigeno, ti distrugge le pareti dei vasi e ti sballa gli esami del sangue. Ma come enorme tragedia del nostro tempo. Tragedia umana, che spezza le famiglie e cancella dalla terra i nostri genitori e i nostri nonni.

Questo è successo quando, al picco della terza ondata, per circa un mese, ho lavorato mattina e sera all’interno di un team Covid multidisciplinare con internisti, pneumologi, cardiologi, geriatri, infettivologi ed anestesisti rianimatori. Lì, con colleghi ed infermieri, ho lavorato per ore ed ore con la tuta, la doppia mascherina, la visiera, i calzari, le tre paia di guanti. E il sudore. Tanto sudore. Lì ho lavorato vedendo in faccia i malati che imploravano aiuto. Aiuto che non sempre purtroppo siamo riusciti a dare.

Io vi voglio parlare di quel mese in Covid Unit, che è stato uno dei mesi emotivamente più duri ma umanamente e professionalmente più arricchenti della mia vita.

Ed è così che inizia oggi per me la collaborazione con The Post Internazionale, con questa rubrica in cui vi racconterò cos’è il Covid visto da vicino e non nei salotti della Tv. Proverò a raccontarvi che cosa vuol dire parlare con i familiari e dire loro come sta il loro papà o la loro mamma attaccati a un ventilatore. Che cosa vuol dire tenere i figli dei malati sempre in allerta perché il genitore può morire da un giorno all’altro. Da un momento all’altro. E soprattutto che cosa vuol dire comunicargli che il parente è morto. Che non ce l’ha fatta. Che è stato sopraffatto dal virus.

Proverò a raccontarvi tutto questo. E proverò a raccontarvi che cosa vuol dire avere a che fare con il fine vita. E quanto anche per noi medici a volte è dura. Vi racconterò quello che ho vissuto sul campo. Da clinico. Parola bellissima che deriva dal greco klinikos, che a sua volta deriva da klinè, che significa letto. Perché il clinico è colui che sta a letto del malato. Lo guarda negli occhi, lo tocca. Lo visita, certo. Ma a volte gli stringe solo la mano, gli dà una carezza o gli fa un sorriso. Perché anche un sorriso cura.

Vi racconterò tutto questo, ma vi racconterò anche altro. Ad esempio che cos’è la medicina basata sull’evidenza e cosa significa rispettare il metodo scientifico su cui essa si fonda. Il compito che mi è stato dato è questo: provare a guidarvi nel labirinto di informazioni, dichiarazioni, contraddizioni che riguardano il mondo Covid. E il virus che lo causa: SARS COV 2.

Apparentemente sembra che ci siano gli esperti ottimisti e gli esperti pessimisti. E che la scienza non abbia capito nulla di questa malattia. Proverò a farvi capire che non è così. Molte cose le abbiamo comprese. Abbiamo capito ad esempio che tutto è tranne che una banale influenza e che, come tutti virus, anche questo maledetto SARS COV 2 muta. Abbiamo capito che se stiamo attenti a non assembrarci si diffonde meno. E che da qualche mese abbiamo un’arma potentissima contro il Covid che sono i vaccini. Potentissima perché estremamente efficace e sicura. Abbiamo capito tutte queste cose e molte altre sul tema Covid e non solo. Proverò a raccontarvele tutte, senza giri di parole, al meglio delle mie capacità.

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