Il padre di Giuseppe Di Matteo, fatto sciogliere nell’acido da Matteo Messina Denaro: “La mafia è finita”
Uno dei crimini più efferati per i quali viene ricordato Matteo Messina Denaro è l’ordine di strangolare e sciogliere nell’acido un ragazzino di 14 anni, Giuseppe Di Matteo, rapito a 12 anni nel 1994 per dissuadere il padre, l’ex mafioso Mario Santo Di Matteo detto “Santino”, dal collaborare con la giustizia.
Con le sue testimonianze, il “pentito” ha permesso una ricostruzione accurata della pianificazione della strage di Capaci, nella quale perse la vita il giudice Giovanni Falcone.
“Anche Messina Denaro è stato condannato per la morte di Giuseppe. Ora, la sua cattura è un segnale bellissimo per lo Stato e per tutte le persone oneste. Ha vinto Giuseppe, ma guai ad abbassare la guardia nella lotta alla mafia”, dice oggi in un’intervista a Repubblica, rivelando che dopo aver appreso la notizia “il primo pensiero è stato per mio figlio Giuseppe”.
Da ex uomo di mafia non si dice sorpreso del fatto che la cattura sia avvenuta in Sicilia: “Ha goduto di tante protezioni e complicità, in tutto questo tempo ha messo avanti prestanome e persone sconosciute, mentre lui è rimasto in disparte. Poi ha avuto necessità di cure specialistiche”.
Oggi Di Matteo lavora in una comunità di accoglienza per tossicodipendenti, disoccupati, senzacasa e immigrati, e rinnega il suo passato: “Rifarei tutto quello che ho fatto, è stata la scelta giusta: contribuire ad accertare la verità, per ottenere giustizia. Quando i magistrati mi chiamano nei processi, vado subito”.
Per lui questa è l’unica via d’uscita per i mafiosi: “Non capiscono che la mafia è ormai finita, l’unica strada è quella di collaborare con la giustizia. Così, solo così, potranno salvarsi da un destino amaro. Lo Stato ha dimostrato di essere forte e di saper contrastare crimini e idee distorte della società”.
E sulla possibilità che ora Matteo Messina Denaro dica quello che sa: “Magari parlasse, lui ne conosce tanti di segreti. E sono la vera forza dell’organizzazione mafiosa, che non smette di trasformarsi”.