“Omar e gli altri orfani di femminicidio avranno giustizia: fondi sbloccati entro febbraio”: parla la presidente della Commissione parlamentare
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Orfani di femminicidio, Valente (PD): “Giustizia per Omar e gli altri”
“Mi impegnerò per dare giustizia ai casi come quello di Omar, per le famiglie affidatarie degli orfani di femminicidio”. A parlare è la senatrice del Partito Democratico Valeria Valente, presidente della Commissione Femminicidio, che risponde così alla storia pubblicata da TPI sul bambino che, a soli 4 anni, ha visto uccidere sua madre dal padre e ora è stato abbandonato dallo Stato, senza un fondo che aiuti la nonna, unica garante.
Hanno assistito a omicidi efferati, sono orfani due volte. Bambini o adolescenti che hanno visto morire la propria madre per mano, molto spesso, del padre. Un fenomeno purtroppo in crescita: il caso di Omar è uno tra gli oltre 2.000 in Italia.
Il governo giallo-rosso si sta iniziando a occupare della questione, rifacendosi alla legge del febbraio 2018, ma le famiglie si sentono comunque sole, senza un sostegno economico, perché i 12 milioni previsti dal’emendamento non sono mai partiti. Abbiamo chiesto delle risposte alla senatrice Valente.
Per contare gli orfani di femminicidio bisognerebbe innanzitutto contare i casi di femminicidio. Noi come Commissione ci stiamo impegnando per risolvere il problema della raccolta dati, rivolgendoci e chiedendo collaborazione soprattutto all’Istat e al ministero degli Interni per tentare di immettere la relazione tra vittima e il carnefice tra le rilevazioni che vengono fatte dalle forze dell’ordine anno per anno rispetto ai casi di omicidio.
Avere un dato puntuale ci serve per capire come predisporre delle risorse.
Arriviamo addirittura a più di 12 milioni adesso, perché abbiamo rimpinguato questo fondo nel corso della legge di stabilità e non essendo stato usato le risorse sono ancora là. La legge c’è, le risorse ci sono: questo possiamo dirlo con serenità. E sono sufficienti a coprire le spese delle famiglie che prendono a carico gli orfani di delitti di violenza domestica.
Il problema adesso è accelerare un iter burocratico. Siamo stati fermi per troppi mesi, quasi due anni. La Commissione ha più volte sollecitato il governo precedente a far avanzare questi decreti attuativi che servivano a rendere operativa una legge che è stata votata agli inizi del 2018.
Finalmente poi abbiamo incontrato degli interlocutori attenti: innanzitutto il prefetto Cannizzaro, che lavora al ministero degli Interni, poi il ministro Gualtieri e poi anche il presidente del Consiglio Conte. A quel punto siamo riusciti a trovare un accordo per un decreto che copre più ministeri, sembrava proprio quella la difficoltà.
Adesso, dopo due anni di attesa, ci sono i tempi tecnici per l’iter previsto.
Ora possiamo solo impegnarci per velocizzarlo. Per renderlo il più breve possibile. Io mi auguro e mi impegnerò affinché entro febbraio sarà operativo e quindi sarà operativa la legge a tutela dei nostri orfani.
Siamo veramente in dirittura d’arrivo. Ora bisogna costruire quelle condizioni da far valere poi per quando si sbloccheranno i fondi. Ricordiamo che in questa legge è previsto anche un aiuto sulle questioni di carattere patrimoniale. Compreso un assegno per le famiglie affidatarie. Quindi un aiuto concreto, oltre che borse di studio per i ragazzi che stanno diventando maggiorenni.
Pensiamo soprattutto a un percorso di autonomia per questi ragazzi che hanno subito una sofferenza doppia: vedersi uccidere la madre davanti e non avere neanche il padre perché molto spesso si suicida o comunque è in carcere. Sono orfani due volte e subiscono una sofferenza incredibile.
Le famiglie che se ne occupano, che sono molto prossime e vicine, hanno bisogno di aiuto. L’aiuto economico serve a far ritrovare l’autonomia, laddove ritrovare la serenità è quasi impossibile.
Ancora non è sufficiente quello che abbiamo. Ancora le dichiarazioni delle donne vengono messe in discussione. Ancora le donne non vengono credute o rivittimizzate. Questo non dipende neanche da un Parlamento o dalla politica. C’è bisogno di un cambiamento culturale, se non abbattiamo prima gli stereotipi di genere insiti negli operatori, negli ufficiali giudiziari, nelle forze dell’ordine, allora non potremo mai far applicare la legge.