Violavano i sistemi di videosorveglianza di case e palestre per rivendere immagini erotiche: 11 indagati
Entravano nella rete delle telecamere di sorveglianza installate nelle case e nelle aree comuni di palestre, hotel e piscine, “deviavano” le immagini su server esterni e rivendevano in chat i filmati che riprendevano momenti erotici o scene di sesso rubate. Sono undici gli indagati per accesso abusivo al sistema informatico e associazione a delinquere coinvolti nell’operazione “Rear window” coordinata dalla procura di Milano, dieci le perquisizioni effettuate perché uno di loro, di origine ucraina, risulta irreperibile. Tra le immagini anche quelle di bambini, motivo per cui la procura sta valutando possibili profili di reato legati alla pedopornografia (al momento non contestati).
Il materiale veniva venduto al prezzo di 20 euro sul social “VKontakte”, l’equivalente russo di Facebook e Telegram. Il servizio prevedeva anche una versione “vip” che consentiva agli utenti di ottenere direttamente le password di accesso alle singole telecamere violate per altri 20 euro. “Benvenuto nel primo canale in Europa dedicato alle spycam. Un maxi archivio dedicato al mondo delle telecamere dove puoi trovare materiale unico: appartamenti, spiagge nudisti, hotel, palestre, piscine, nightclub, bagni”, recitava lo slogan del gruppo. “L’accesso costa 20 euro ed è per sempre. Il canale è in continuo aggiornamento”. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, gli investigatori della polizia postale hanno scoperto il fenomeno grazie alla segnalazione di un cittadino che ha riconosciuto un filmato girato nello spogliatoio di una piscina in Brianza e agli sviluppi dell’analisi forense compiuta sullo smartphone sequestrato a uno degli indagati nell’ambito di un altro procedimento penale su reati di pedopornografia partito dalla segnalazione della polizia neozelandese.
L’obiettivo finale degli “hacker” era quello di carpire immagini che ritraessero le vittime durante rapporti sessuali o atti di autoerotismo: molte riguardavano scene girate in hotel, studi medici o spogliatoi di palestre e piscine. I proventi illeciti venivano reinvestiti nell’acquisto di sempre più aggiornati software per l’effettuazione degli attacchi informatici. Un gruppo aveva anche investito 50mila euro in bitcoin.