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Ong, processo Iuventa: ennesimo rinvio. L’avvocato dei 4 imputati: “Nessun passo in avanti del giudice”

Immagine di copertina
Credit: ANSA/POLIZIA DI STATO

Ennesimo rinvio del processo contro quattro attivisti della nave Iuventa della “Jugend Rettet”, nel più importante processo contro le Ong. Gli imputati rischiano 20 anni di carcere a testa, e 15 mila euro di multa per ogni salvataggio effettuato. Quello della Iuventa, insieme a Medici Senza Frontiere (MSF) e Save the Children, è l’ultimo caso in cui si rischiano lunghe pene detentive legate alle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale.

La sostanza dell’accusa è quella che alcune navi delle Ong nel tempo hanno operato come taxi del mare nel soccorso dei migranti messi in mare dai libici, trafficanti di uomini. L’accusa è documentata da informative dello Sco, il Servizio centrale operativo del Viminale, la Squadra Mobile di Trapani e del Nucleo Speciale di Intervento della Guardia Costiera. Gli equipaggi delle Ong avrebbero concordato gli “appuntamenti in mare” con le barche dei trafficanti prendendo a bordo i migranti come se si trattasse di operazioni di salvataggio. Monitorati i soccorsi tra il 2016 e il 2017, una ventina in tutto.

Una indagine esplosa nel 2017 con il sequestro della nave Iuventa della “Jugend Rettet”, ancora ormeggiata per il sequestro nel porto di Trapani, che ha messo sotto accusa il soccorso di donne, uomini e bambini, sfuggiti a guerre e carestie per ritrovarsi prigioni nelle Saf House libiche. I magistrati, pm Sardoni e Mucaria, hanno dovuto “depurare” le carte processuali da intercettazioni che non potevano essere condotte, come quelle che hanno riguardato giornalisti e avvocati, anche se il ministro Cartabia rispondendo alle interrogazioni parlamentari, presentate dopo l’emergere delle trascrizioni, ha escluso illecite condotte da parte dell’ufficio, all’esito dell’ispezione disposta presso l’ufficio inquirente. Gli atti sono stati tradotti in diverse lingue, a secondo delle nazionalità degli indagati.

Gli imputati sono quattro membri dell’equipaggio della nave di salvataggio Iuventa e altri di Medici Senza Frontiere e Save The Children. La Iuventa ha operato nel Mediterraneo centrale tra il 2016 e il 2017, salvando più di 14.000 persone in difficoltà. La nave rimane sotto la custodia delle autorità italiane dal suo sequestro, avvenuto il 2 agosto 2017. Le irregolarità procedurali, il mancato rispetto dei principi fondamentali di un processo equo, così come i metodi investigativi illegali, sono stati oggetto di numerose udienze dall’inizio del processo.

I pm sostengono che equipaggi e Ong finiti sotto inchiesta hanno agevolato il traffico di esseri umani e aiutato i “mercanti”, soccorsi radiocomandati e decisi con i trafficanti, scafisti a bordo delle Ong, scambi di telefonate e transponder spenti per impedire le localizzazioni, barche riconsegnate alle organizzazioni criminali. Ma certamente, e lo dicono gli stessi pm, nessuno scambio di denaro tra equipaggi e trafficanti.

“Nel più importante processo contro i membri dell’equipaggio del soccorso civile in mare, il giudice non è stato in grado di compiere alcun passo avanti. Ancora una volta, a causa di errori procedurali della Procura, il procedimento contro i 21 imputati, che rischiano fino a 20 anni di carcere per ‘favoreggiamento dell’ingresso non autorizzato’, è stato interrotto”, fanno sapere da Iuventa.

Nicola Canestrini, avvocato degli imputati: “Il diritto a un giusto processo limita gli abusi dei governi e delle autorità statali. I processi equi sono una pietra miliare dello Stato di diritto e quindi della democrazia. Quando i diritti del giusto processo sono violati, non può esserci democrazia: nel caso contro l’equipaggio della Iuventa abbiamo assistito a una pubblicità pregiudizievole nei confronti degli imputati e a una violazione del loro diritto alla presunzione di innocenza, a una durata irragionevole delle indagini, a illecite intercettazioni telefoniche, a un’interpretazione delle norme da parte dell’accusa che ha portato al tentativo di impedire a un imputato di testimoniare durante la fase investigativa, e alla negazione del diritto alla traduzione delle prove accusatorie”.

Un gruppo di osservatori internazionali, a cui inizialmente era stato negato l’accesso al processo, è ora autorizzato a monitorare le prossime udienze. “Riteniamo che si tratti di un’importante agenzia della società civile, che osserverà e riferirà sul caso, non solo rendendo visibile un processo socialmente rilevante ma ponendo così le basi per valutazioni, accertamenti e interventi”, affermano da Iuventa.

Alcune note di quanto emerso in questi anni:
Pietro Gallo, ex poliziotto e uno dei principali testimoni dell’accusa, è stato assunto dalla IMI Security Service, la società di sicurezza privata che lavora per la nave Vos Hestia (Save the Children). Un’inchiesta di un giornale italiano ha rivelato che la società aveva stretti legami con uno dei portavoce del Movimento Identitario di estrema destra, Gian Marco Concas.

Nel settembre 2016, Gallo e i suoi colleghi hanno contattato l’ufficio della Lega Nord a Milano. Il giorno successivo Salvini, che all’epoca era deputato al Parlamento europeo, li contattò e chiese loro di continuare a documentare tutto ciò che sembrava sospetto.

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