“Quelle flebo che mi fece mi hanno rovinato la vita”: la versione del killer sull’omicidio di Falcetto, chirurgo del San Donato
Quelle due flebo che Giorgio Falcetto gli aveva fatto due anni fa gli avevano “causato vari e gravi problemi di salute”. Di più, gli avevano “rovinato la vita”. Benedetto Bifronte, il 62enne assassino del chirurgo morto ieri dopo essere stato aggredito con un’accetta nel parcheggio del Policlinico di San Donato a Milano, non h parlato di fronte alla gip Chiara Valori che ne ha convalidato il fermo per omicidio volontario, ma di fronte agli agenti che lo hanno arrestato martedì, giorno dell’aggressione, ha spiegato il suo punto di vista sulla dinamica di quanto accaduto: “Mi sono svegliato con un dolore al petto e la pressione alta”, ha detto, ma per la lunga coda trovata al Pronto Soccorso aveva deciso di andare via. Mentre usciva ha incontrato Falcetto: “Gli ho chiesto aiuto, ma lui mi rispondeva: vai a fare in c…, testa di c…”.
Poi con una manovra ha ammaccato vistosamente la fiancata dell’auto di Falcetto. “Venivo preso a male parole”, ha spiegato ancora Bifronte, “testa di c…, figlio di p…, dove stai andando con questa macchina”. A quel punto ha detto di aver pensato “a tutto quello che mi aveva fatto” e di aver “perso la testa”. Nei registri del Policlinico i carabinieri hanno trovato riscontro della visita menzionata da Bifronte: risale al 2 febbraio 2021, fu preso in cura proprio dal dottor Falcetto: si era presentato al triage per uno “stato di agitazione e riferito dolore toracico con dispnea”, ed era uscito con una prognosi di sette giorni per cervicalgia e stato influenzale. Il 62enne, nell’ordinanza di convalida, è stato giudicato pericoloso e incapace di controllare la propria aggressività. Resta nel carcere di San Vittore, c’è rischio di reiterazione del reato.