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Home » Cronaca

Benvenuti nella Kaliningrad italiana: così gli oligarchi russi si sono radicati in Toscana

Immagine di copertina
Credit: VINCENZO PINTO / AFP

A Castiglione della Pescaia (Grosseto) si sono radicati grazie a un vuoto normativo decine di miliardari russi: TPI rivela i veri proprietari di alcuni immobili. Quasi tutti legati a Putin

C’è una piccola Kaliningrad anche in Toscana. È Castiglione della Pescaia, località di mare nella Maremma toscana, vicino Grosseto. Un lembo di terra dove il mare cristallino incontra la rigogliosa vegetazione mediterranea: un’oasi naturale, mèta di molti turisti italiani ed esteri. In particolare di quelli russi.Negli anni infatti il paese toscano è diventato un punto di riferimento per miliardari e oligarchi russi che vogliono passare le vacanze in tranquillità, lontano dai riflettori di Forte dei Marmi. Si sono stabiliti in sordina e con la complicità della popolazione locale, che ha goduto dell’indotto economico che questi personaggi hanno iniettato in molti settori.

Insomma, è la solita concatenazione: pecunia non olet. Ad oggi, stando ai dati pubblici, di russi, tra Roccamare e Punta Ala (frazioni del comune di Castiglione della Pescaia), ce ne sono una trentina: alcuni sono residenti, altri vengono per le vacanze. Altrettanti sono i profughi ucraini arrivati in queste settimane, fuggiti dalle barbarie della guerra scatenata dal presidente russo Vladimir Putin.Ma chi sono questi miliardari? Nonostante prestanomi vari e muri di società create ad hoc per celare il vero intestatario del bene, in esclusiva TPI è riuscito a individuare la proprietà di alcuni immobili e risalire al vero proprietario.

Gli oligarchi russi nei loro affari si nascondono dietro società offshore: ovvero fondi esteri con sede nei paradisi fiscali, dove le tasse non esistono, che offrono preziosi vantaggi ai titolari, tra cui quello di rimanere anonimi.Chi sa usare certi schermi protettivi sono i Rotenberg. È la famiglia più ricca di Russia, conosciuta dal mondo occidentale soprattutto per la loro costanza nel ricevere sanzioni: nel 2014 per i fratelli Arkady e Boris dopo l’annessione della Crimea, nel 2018 con l’iscrizione di Igor (figlio di Arkady) nella “Putin List” stilata dagli Stati Uniti, e qualche settimana  fa con il quinto pacchetto licenziato dall’Unione europea a seguito dell’invasione e della guerra in Ucraina.Arkady Rotenberg e Putin si conoscono da ragazzi ai tempi di San Pietroburgo. Si allenavano insieme in palestra, sambo e judo, con loro c’era anche il fratello piccolo di Arkady, Boris. I due fratelli Rotenberg appartengono al cerchio dorato, ovvero al gruppo dei “civili” pietroburghesi, diventati i primi compagni di avventura di Putin negli anni Novanta.

Oggi i due fratelli concludono affari principalmente con la Gazprom e sono specializzati in infrastrutture e appalti pubblici. Igor Rotenberg è invece il proprietario di maggioranza di Gazprom Drilling, che riceve ordini per il 95 per cento da Gazprom. Proprio Igor nel 2014 ha acquistato una villa a Castiglione della Pescaia, nella pineta di Roccamare, a pochi passi dalla spiaggia. Questo immobile è intestato a una società di Vaduz, Norba Ag. Ma a gestirla è la Npv Engineering di Mosca e la rappresentante russa a Grosseto, mentre i soldi arrivano dalla Highland Ventures Group. Attraverso una matrioska di offshore, che parte dalla Immobiliare case dell’Olmo srl e Case dell’Olmo società agricola srl e risale fino alle due offshore Highland Ventures Group e Gremarana Projects Limited, Igor risulta proprietario anche di un mega-rustico con eliporto, laghetto abusivo (secondo le planimetrie comunali) e 220 ettari di oliveto all’Argentario, del valore dichiarato di 18 milioni.

Le ville, conferma la Guardia di Finanza, nonostante le sanzioni sono ad oggi senza sigilli.Nel frattempo, però, Igor Rotenberg è (in parte) diventato noto alla magistratura italiana. Secondo le testimonianze delle vittime e le carte del processo tutt’ora in corso a Grosseto, Igor ha portato a fallire una società di domotica toscana: la Eggzero di Nicola Tinucci. Otto anni fa Eggzero firma un grosso contratto per le sue ville in Maremma. Le ristrutturazioni sono costosissime, la ditta anticipa le spese fidandosi di quel ricchissimo cliente. Ma all’improvviso da Mosca non arriva più un soldo. Igor chiude tutti i collegamenti con la Eggzero, mettendo in campo ogni sorta di ostacolo, ma soprattutto saccheggiando progetti, idee e quanto era stato costruito all’interno delle due ville da Tinucci, e incaricando successivamente un’altra società italiana di finire i lavori.A oggi gli unici imputati nel procedimento sono i dirigenti della società subentrata alla Eggzero, ma in uno scambio di e-mail le due più fidate collaboratrici di Rotenberg riferiscono che sarebbe lo stesso oligarca a decidere le sorti della società di domotica.

Poco distante dai Rotenberg troviamo la proprietà di Anna Kolonchina, attuale Ceo & Chief Investment Officer presso la società Rigmora Holdings Limited. La Rigmora appartiene a Dmitry Rybolovlev: un patrimonio di 7 miliardi di euro ed ex imprenditore dell’Uralkali, la più grande azienda produttrice di potassio, venduta (per volere di Putin) a Kerimov, oligarca più vicino al Cremlino. L’uomo d’affari ha rilevato la società calcistica dell’AS Monaco per un euro nel dicembre 2011, con la Rigmora Holdings Limited. Rybolovlev ha sempre preso le distanze da Putin, dicendo di aver fatto business prima della sua ascesa, e non compare fra gli oligarchi da sanzionare in Europa. Anche se il suo nome è comparso nel “Putin Accountability Act”, l’elenco delle persone che hanno legami con il presidente russo e per cui si richiedono sanzioni.Ci sono poi soggetti legati al mondo immobiliare, come Pretel-Martines Karmen Antoniovna, e società satellite con sede in Svizzera, come la Pinora Ag, di cui è impossibile rintracciare rispettivamente la vera identità e le visure camerali. Perché? «I paradisi fiscali hanno autonomia legislativa, e fanno le leggi a loro piacimento», spiega Gian Gaetano Bellavia, esperto di riciclaggio. «Così danno asilo alle società offshore, che diventano degli “ologrammi” aziendali, in quanto non hanno dipendenti, né uffici. Sono delle tesorerie, ma in verità si tratta solo di fogli con dei timbri».

Il buco normativo

E in Italia tutto ciò è avvantaggiato anche da un buco normativo. «Gli Stati cosiddetti paradisi fiscali hanno il diritto di stabilire liberamente il proprio regime contabile. Ciò che stona è il ritardo italiano sulla creazione di un registro dei titolari effettivi delle società e degli altri enti giuridici», aggiunge Bellavia. L’Italia infatti è rimasta uno dei pochi Paesi dell’Unione europea che non dispone di un registro simile, nonostante quanto prescritto, ormai dal 2015, dalla normativa europea. E così, tra i pini marittimi di Roccamare, ha messo le radici un altro pezzo grosso: Marat Šakirzjanovič Chusnullin, dal 2020 vicepresidente del consiglio dei ministri della Federazione Russa nel Governo Mišustin. Secondo fatture e documenti inediti di un’azienda che ha lavorato alla magione di Marat (chiamata “villa Borisova”), l’immobile sarebbe intestato a Borisova Natalia, ma il vero proprietario sarebbe proprio il numero due del governo russo. Proprio Marat, la scorsa settimana, ha visitato la città ucraina di Volnovaka, per un “sopralluogo” esplorativo in vista del «ripristino di una vita pacifica» e per «valutare le opere di ricostruzione» dopo il conflitto, ha spiegato. Il vice premier russo ha incontrato le forze di Mosca e ringraziate per la «liberazione» dei territori occupati dai «nazisti ucraini». Come arrivano in Maremma questi soggetti? C’è l’aeroporto di Grosseto. Roman Trotsenko, il signore degli aeroporti russi (ne possiede 14), è l’azionista numero uno di Seam, la società che gestisce lo scalo. Trotsenko non sarebbe formalmente il socio di maggioranza relativa della Seam, perché le quote della società che controlla la Ilca Srl (che detiene il 35 per cento delle quote Seam) sarebbero intestate non a lui, ma alla moglie.

L’oligarca russo si è stabilito in Maremma, in una super villa a Cala Civette, vicino Castiglione della Pescaia, risulta coinvolto nei Panama Papers e nel 2018 compare nel cosiddetto “rapporto del Cremlino”, ossia la Putin List con i più temibili oligarchi russi. Anche con Trotsenko è facile perdersi nel labirinto societario: le quote della Seam, la società di gestione dello scalo civile cittadino, sono divise fra la Ilca Srl (35 per cento, appunto), la Provincia di Grosseto (25 per cento), la Regione (7 per cento) e altri soci, e la “Ilca” (che ha sede a Firenze) è una società controllata dalla “Aeon” che, a sua volta, fa capo alla “Plutoword” con sede a Nicosia, nell’isola di Cipro, il cui amministratore risulta essere l’armeno-cipriota Tigran Aristakesyan. L’oligarca russo Roman Trotsenko, proprio in virtù del suo ingresso nella Seam, fu insignito dall’ambasciatore italiano a Mosca dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia, ma in realtà la nomina avrebbe dovuto essere della moglie Sofia, in quanto sarebbe lei la vera titolare delle quote societarie della “Plutoword” e, quindi, di conseguenza la vera socia anche della Seam. Lo scalo ha un cabotaggio irrilevante, ma per qualche hanno ha fornito una linea diretta di voli charter tra Grosseto e Mosca. Secondo alcune fonti coinvolte nel Cda dell’aeroporto, ad atterrare sulle piste grossetane sono stati, tra gli altri, German Khan, comproprietario dell’Alfa-Bank russa e gestore di diverse attività in Europa attraverso la holding LetterOne. Khan è stato citato come finanziatore alla stregua del Cremlino nel dossier che ha denunciato il fiume di soldi provenienti dalla Russia a favore di Trump durante le elezioni del 2016. La precedente amministrazione del Comune di Monte Argentario per la ristrutturazione della super villa si è messa in tasca solo di oneri di urbanizzazione circa 600mila euro giratigli da una società di Khan con sede nelle Isole Vergini, la Towntowers properties, e da un’altra società sempre intestata al magnate russo altri 50 mila euro per la realizzazione delle panchine sul lungomare di Porto Santo Stefano. Khan è nella lista degli oligarchi per cui sono previste sanzioni.

Breve visita invece quella di Roman Abramovich, che atterrato a Grosseto si è diretto verso Cala di Forno, insenatura costiera nella bassa Maremma famosa per le acque limpide e la vegetazione incontaminata. Aveva pronti 40 milioni di euro per comprare l’intera zona – una tenuta di 800 ettari, con due aree boschive, due antiche torrette per l’avvistamento dei pirati e spiagge incontaminate -, ritirati in fretta una volta scoperto che non gli sarebbe stato consentito trasformare in piscine le costruzioni rinascimentali, e neppure radere al suolo parte del bosco per farne una pista di atterraggio (la Cala è stata poi acquistata da Patrizio Bertelli, ad del gruppo Prada). Mentre il magnate russo Andrei Melnichenko – uno degli uomini più ricchi di Russia – ha preferito la via del mare. Per due anni di fila, prima dell’inizio della pandemia, l’oligarca è rimasto in rada nelle acque di fronte a Castiglione della Pescaia con lo yacht disegnato dal celebre designer Philippe Stark. Si tratta della più grande barca a vela del mondo e il suo valore è stato stimato intorno ai 530 milioni di euro. Lo scorso marzo l’imbarcazione è stata sequestrata dalla Guardia di Finanza di Trieste, in quanto Melnichenko è rientrato nella black list dei sanzionati d’oro dell’Unione europea dopo l’invasione dell’Ucraina.

I vincoli paesaggistici

Quello di demolire e ricostruire ignorando vincoli paesaggistici e storici è un modus operandi consolidato. «A Punta Ala ci sono molte cause in corso tra la Soprintendenza di Siena e alcuni personaggi russi per una serie di violazioni edilizie e urbanistiche compiute durante i lavori di ristrutturazione delle ville», ci spiega Elena Nappi, sindaca di Castiglione della Pescaia. «I russi pensano che con i soldi possono comprare tutto, ma non è così. Alla porta del nostro Comune non si sono mai presentati, ma sono continue le richieste di ampliamento – sistematicamente respinte – che arrivano da Roccamare, ormai zona satura per estensione e densità abitativa». È proprio l’insediamento di Roccamare la fotografia del radicamento degli oligarchi russi in Maremma: ci sono, posseggono ville lussuose nei luoghi più esclusivi del paese, senza mai però risultare proprietari di nulla. Come? «Quando capiscono che sono in arrivo nuove sanzioni cambiano fondo offshore, passano a una nuova società anonima, facendo ripartire da capo le indagini della Guardia di Finanza», spiega un ex collaboratore dei Rotenberg.

Un meccanismo che negli anni ha sempre garantito una via d’uscita, un piano B, e che oggi però risulta in parte compromesso. Le contromisure sanzionatorie adottate dall’Ue nei confronti degli uomini più vicini al Presidente russo, ne hanno limitato il raggio di azione e l’accesso incondizionato ai propri beni, compresi quelli immobiliari. Senza contare i sequestri definitivi, gli oligarchi che tramite acrobazie societarie sono riusciti a scampare alla scure delle forze dell’ordine, si sono ritrovati con i fondi congelati e il sistema bancario bloccato. Di conseguenza, quell’indotto che per l’economia locale della Maremma era considerato una manna dal cielo, di colpo, è scomparso. «I collegamenti con i referenti dei proprietari russi si sono pian piano interrotti. Ci hanno spiegato che data la situazione finanziaria non era più possibile pagarci tramite bonifici. I lavori di manutenzione delle ville si sono bloccati e siamo in attesa di ricevere il nostro ultimo compenso», confessa a TPI il responsabile di una ditta di giardinaggio del grossetano. «Molte aziende come la mia hanno investito per questi clienti, assumendo personale per soddisfare la domanda e poter lavorare giornalmente su proprietà molto estese. Per intenderci: la villa di un oligarca a Roccamare arriva a spendere anche un milione al mese per la manutenzione. Adesso invece ho dovuto licenziare molti dei miei dipendenti, e la società non naviga in buone acque».

Tra i super ricchi russi c’è anche però chi si è integrato nella società, e contribuisce attivamente alla vita locale. «Alcuni dei cittadini russi presenti sul territorio hanno contribuito, per esempio, a mantenere viva la società calcistica del paese. Sono famiglie con residenza fissa, e i loro figli sono iscritti nelle nostre scuole», puntualizza Nappi. Un magnate russo (che per motivi di sicurezza e onde evitare ripercussione dal regime di Putin, preferisce rimanere anonimo), residente a Mosca e proprietario di 4 ville a Punta Ala, ha perfino messo a disposizione una delle sue abitazioni per dare accoglienza ai profughi ucraini. Attualmente sarebbero ospitati nella villa 5 donne e 2 bambini. «Ci sono cittadini russi che hanno sempre dimostrato una grande sensibilità verso le persone in difficoltà», aggiunge Nappi. «L’ospitalità del cittadino russo che ha aperto le porte di una sua abitazione a due famiglie ucraine ne è la prova più lampante».
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