Caso Nuova Iside, l’avvocato dei familiari delle vittime a TPI: “Stato assente, gravi indizi sulla petroliera Vulcanello”
Il 13 maggio il naufragio del peschereccio Nuova Iside è costato la vita a tre pescatori. Sulla vicenda sembra essere calato il silenzio, ma ora emergono importanti indizi. "Vogliamo che lo Stato recuperi presto il peschereccio in fondo al mare, oggi nessuno ci risponde", dice l'avvocato Aldo Ruffino a TPI
“È la sfida di Davide contro Golia, ma è una battaglia che possiamo vincere”. A parlare a TPI è l’avvocato Aldo Ruffino, che assiste la famiglia dei tre pescatori del peschereccio Nuova Iside, morti il 13 maggio scorso al largo di San Vito Lo Capo, tra Trapani a Palermo, dopo essere partiti da Terrasini, come ogni mattina. Una morte, quella di Giuseppe, Matteo e Vito Lo Iacono, diventata un giallo, e su cui sembra però essere calato il silenzio del Governo e dello Stato, nonostante le promesse di fare luce su una storia che ogni giorno si arricchisce di sconvolgenti particolari.
“La notifica dell’incidente probatorio ci lascia sgomenti – dice l’avvocato ieri a colloquio per tre ore con i familiari – il quadro indiziario è sconvolgente. I periti hanno scoperto una sovraverniciatura sulla petroliera Vulcanello”. Quest’ultima imbarcazione è la prima indiziata: si trova oggi ferma, sotto sequestro, con due indagati, in quanto la principale e unica sospettata della collisione con il piccolo peschereccio. Gli elementi che la incriminano non sono pochi, per ultimo quello di una verniciatura, individuata dai periti, effettuata 8 giorni dopo l’incidente, utile – secondo le ipotesi che circolano – per “coprire” quanto avvenuto: “Da una delle tavole trovate in mare si evince una rottura per pressione – racconta l’avvocato – In questa tavola si vede che è entrata in contatto con un’altra imbarcazione perché vi è impresso un anti-vegetativo che non è quello della Nuova Iside”. Anche questo elemento sembra ricondurre alla petroliera Vulcanello, della società Augusta due, gruppo Mednav, esaminata dai Ris di Messina, dopo il sequestro della scatola nera.
Infine c’è il punto centrale su cui si basa l’indagine: in condizioni di mare non proibitive, nella stessa rotta, c’erano soltanto due navi, il peschereccio del giovane comandante 27enne, Vito Lo Iacono, e la petroliera che viaggiava spedita, la Vulcanello, che probabilmente è entrata in collisione senza virare, con la piccola imbarcazione, lasciata così senza scampo davanti a un gigante. Ad essere indagati, nell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo, Ennio Petrigni e dal sostituto Vincenzo Amico, sono adesso quattro persone: due ufficiali di plancia, il comandante della petroliera e l’armatore, tutti per il reato di omicidio colposo e omissione di soccorso.
“Le altre imbarcazioni erano a circa 30 miglia – racconta l’avvocato dei familiari – c’erano soltanto queste due navi, a quell’ora, sulla stessa rotta”. Se la Procura procede a ritmo serrato, la famiglia Lo Iacono lancia però un appello allo Stato per un contributo fattivo che possa fare luce su un fatto su cui invece sembra calato il silenzio delle istituzioni: “La richiesta che facciamo è che lo Stato recuperi presto il peschereccio in fondo al mare – dice l’avvocato – Oggi nessuno ci risponde, lo Stato è latitante e questo fa male e ci rende tristi in un momento già delicato: abbiamo scritto al presidente del Consiglio, alla ministra delle Politiche agricole e a quello della Famiglia che avevamo già incontrato, ma oggi tutto tace”.
Verosimilmente dentro il peschereccio c’è il corpo del giovane comandante di 27 anni, Vito Lo Iacono: “Vogliamo un aiuto per garantire alla famiglia di poter portare un fiore al loro amato e di avere, fin quanto possibile, un minimo di serenità. Confidiamo comunque nella giustizia e chiediamo allo Stato, che ha una etica e una morale, di recuperare la nuova Iside”.
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