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“Non c’è più tempo”: viaggio tra riviera ligure e toscana, dove il clima impazzito si è abbattuto su stabilimenti e centri abitati

Immagine di copertina

Il racconto sul campo al confine tra riviera ligure e toscana, dove la tempesta si è abbattuta con violenza su stabilimenti balneari e centri abitati. L’ennesimo segnale di come i danni del cambiamento climatico, ancora troppo sottovalutato, stiano diventando sempre più la normalità

Quando giovedì scorso la tempesta è arrivata a Sestri Levante, è da poco passata l’alba. E Guido Ferrario, 62 anni, ha fatto appena in tempo a chiudersi dentro al bar in cemento armato del suo Bagni Baia Azzurra. Poi è stato come in guerra. Quelli che fino a un attimo prima gli sembravano banchi di acciughe in movimento sul pelo dell’acqua, sono invece chicchi di grandine spessi come proiettili. Arrivano dal mare, sparati a oltre cento chilometri orari, e in appena un quarto d’ora crivellano le cabine, sfondano le passatoie, distruggono le tettoie di plastica e canniccio, sacrificio di una vita.

La passeggiata di Sestri viene sommersa da rami, sedie e dehor. Un patino di salvataggio finisce in mezzo alla strada, scoppiano i lampioni e i parabrezza delle auto parcheggiate. Il porticciolo per alcuni minuti sembra non esistere più; le telecamere di sorveglianza della ditta L’Ormeggio riprendono onde di acqua e vento travolgere il pontile e strappar via i gommoni attraccati.

È una tempesta di vento e ghiaccio di cui neanche i più anziani qua hanno memoria, e che gli esperti chiamano “downburst”: raffiche violentissime che si generano quando una colonna d’aria fredda discende a terra ad altissima velocità, tanto da generare una specie di scoppio, per poi irradiarsi in senso orizzontale. “Non venire, sta succedendo un macello!”, urla al telefono dal suo rifugio, il signor Guido. “Sono le uniche cose che papà è riuscito a dirmi mentre saltavo giù dal letto – racconta il figlio Luca, che fa di tutto per raggiungerlo allo stabilimento – ero ad appena un chilometro da lui, ma mi è sembrata una distanza infinita”. Al posto della strada, una distesa innaturale di oggetti. Come lui, tenta di spingersi fino al suo piccolo bar anche Giulia Portunato, giovane titolare del Chiosco delle ragazze, che gestisce anche una porzione di spiaggia attrezzata. Non poteva chiamarsi diversamente, visto che in famiglia sono sei tra nipotine e sorelle. “Mi sono svegliata perché sentivo rumori fortissimi ma non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Poi zia Giovanna, che dalla finestra di casa vede il nostro chiosco, ha cominciato a mandarmi le foto: volava tutto, la staccionata si è spezzata, la nostra veranda non esiste più”.

Bombe di ghiaccio

Il levante ligure è martoriato: a Cogorno, Chiavari e Lavagna i tetti delle case si staccano come fossero cartapesta e decine di persone vengono sfollate. “È come una lavatrice che va in centrifuga, e scaraventa le correnti dall’alto verso il basso in modo esplosivo”, spiega Bernardo Gozzini, direttore del consorzio Lamma, il Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica ambientale del Cnr. “Queste correnti accumulano acqua e la trasformano in ghiaccio che poi viene scaraventato a terra così violentemente che non ha il tempo di sciogliersi. Succede tutto in maniera talmente rapida ed esplosiva che in alcuni chicchi sono state trovate addirittura rane o piccoli volatili, sollevati dal terreno, inglobati nel ghiaccio e poi rigettati a terra”, aggiunge.

Credit: Joel Roberto Capello

Ovviamente più la corrente d’aria è forte, più grandi sono quei proiettili di ghiaccio. Misuravano oltre tre centimetri quelli che a Cavi di Lavagna hanno sfondato completamente lo stabilimento Ziki Paki, forse la struttura più danneggiata da questo evento eccezionale: impianto elettrico compromesso, quaranta metri lineari di vetrata in pezzi e 350 metri quadrati di tetto sbarbato dal vento. Le cabine sono letteralmente volate sulla vicina linea ferroviaria, che viene interrotta. “Ci sono danni per 350mila euro”, spiegano i titolari, e sarà difficile che la struttura riesca ad aprire prima del prossimo anno. Come loro, praticamente ogni chiosco, negozio o stabilimento della zona subisce danni importanti. Ma le attività commerciali non sono le uniche vittime.

Se a quell’ora, per fortuna, la maggior parte dei turisti e degli abitanti sono ancora al sicuro nelle proprie case, molti animali non trovano riparo. “Durante il nostro sopralluogo sulla spiaggia, ci siamo trovati di fronte a una scena angosciante – raccontano i volontari della Lipu del Tigullio – circa una trentina di gabbiani comuni deceduti, sparsi su tutto il litorale, con gravi traumi ad ali, zampe e testa, conseguenze soprattutto della grandine”.

Quello che ha scatenato una furia così inaspettata, in realtà, è piuttosto semplice da spiegare. “La perturbazione atlantica, in arrivo dalla penisola iberica, ha incontrato una massa di aria calda e umida nei bassi strati, anche nell’acqua di mare che quest’anno è sui 29 gradi, quando dovrebbe essere sui 24/25 gradi – continua Gozzini – Questo contrasto termico ha provocato un accumulo particolare di energia che si è scaricata tutta insieme, in modo molto violento. Stavolta è successo attraverso raffiche di vento fortissime, ma altre volte capita che cadano migliaia di fulmini o si rovescino piogge torrenziali”. Perché maggiore è la differenza di temperatura tra le due masse d’aria, maggiore sarà la violenza dei fenomeni atmosferici che si manifesteranno.

Per questo il cambiamento climatico è sul banco degli imputati: negli ultimi anni, infatti, le temperature sono aumentate e, soprattutto, lo hanno fatto sempre più rapidamente. “È vero che i temporali sono la norma nella seconda metà di agosto, con il mare e l’aria ancora caldi e il primo freddo in quota, ma il fatto è che il riscaldamento globale sta incidendo sulle temperature e, di conseguenza, l’intensità di fenomeni di questo tipo sta aumentando – puntualizza l’esperto – È quello che ci dice la letteratura scientifica: basti pensare che le venti estate più calde dal 1950 a oggi, si registrano tutte dagli anni Duemila. Quest’anno per esempio, l’estate è cominciata il 15 maggio e abbiamo avuto più di 40 giorni con temperature oltre i 35 gradi: è ovvio che in questo modo si crei una potenzialità enorme ed enorme energia nel sistema”.

Vittime del vento

Energia che, giovedì scorso, poco dopo il disastro sulla costa ligure, si è scaricata anche sulla Toscana. Qui, purtroppo, la tempesta è arrivata più tardi, intorno alle dieci di mattina. A quell’ora Daniele Giorgi, 54 anni, è già in piedi da un bel po’: si sta occupando di alcuni alberi pericolanti dopo l’acquazzone di Ferragosto, all’interno di un terreno privato a Sorbano del Giudice, in provincia di Lucca. Gli schiaffi del vento lo colgono alla sprovvista e non fa in tempo ad allontanarsi dal pioppo che sta potando. Verrà trovato senza vita sotto un grande ramo, a pochi metri dalla casa dove era cresciuto.

Maria Laura Zuccari, invece, era al sicuro all’interno di un negozio nella sua Carrara. Ma quando capisce cosa sta succedendo, esce di corsa per andare ad aiutare una senzatetto con il suo cagnolino, una giovane donna dagli occhi verdi che dorme e passa il tempo nei giardini Ugo La Malfa. Lei si salva ma, a pochi passi di distanza, Maria Laura viene travolta da un albero. Aveva 68 anni e per lei è stato proclamato il lutto cittadino.

È solo per miracolo che non ci sono altri morti. Il giovedì, infatti, a Viareggio e Marina di Carrara è giorno di mercato e, di buon’ora, banchi e furgoni sono sul lungomare già da un pezzo: una giornata nuvolosa è l’ideale per curiosare in cerca di occasioni. Così in un attimo, passa la scena di un film appena visto: il vento straccia i tendoni, volano detriti e merce in vendita, alcuni turisti trovano riparo nei negozi della passeggiata. Facciate liberty sferzate dalla pioggia. Un ambulante con i capelli grigi agguanta il suo ombrellone e viene trascinato per decine di metri. Molla la presa, e per lui rimane solo lo spavento. Ma il danno è importante: un ombrellone del genere vale oltre diecimila euro. Anche nei camping sono attimi di panico. “Si è fatto buio e ho sentito lo schiocco secco di piante spezzate, una dopo l’altra”, racconta con emozione Barbara Pelacci, ospite del campeggio Aurora, a Partaccia. Lei e suo marito riescono a nascondersi nel loro piccolo bungalow, ma non tutti sono fortunati come loro: 41 persone rimangono ferite e un centinaio vengono sfollate.

Qua il problema principale, infatti, non sono i chicchi di grandine, ma i pini marittimi alti e rigogliosi ma con radici non abbastanza profonde per resistere a raffiche così intense: parliamo di sferzate da cento chilometri orari a Forte dei Marmi e su tutta la Versilia; addirittura 137 chilometri orari a Castiglione d’Orcia, 127 a Campo di Cecina e 123 a Quercianella. Colpi improvvisi, concentrati in una manciata di minuti, che nella pineta di Marina di Carrara fanno strage di alberi. È strano vederli sconfitti così, questi giganti che hanno resistito per decenni e sono stati riparo di giovani coppie e nascondiglio di amanti clandestini. Oggi giacciono a terra in modo ordinato. “È un fenomeno tipico del downburst – spiegano gli esperti – gli alberi cadono tutti nella stessa direzione, seguendo uno schema radiale”. Se fosse stata una tromba d’aria, insomma, sarebbero sparpagliati in maniera diversa, completamente disordinata. Per la pineta comunque è un disastro. “Ne sono caduti tra i trecento e i cinquecento”, diranno poi i tecnici di Nausicaa, la partecipata del Comune che si occupa del verde pubblico. Perché tutto torni come prima qui ci vorranno almeno trent’anni.

“Le nostre attività, la pressione demografica, il consumo di suolo ed energia stanno modificando la naturale evoluzione climatica della terra, che prima era molto più lenta e comunque riguardava solo alcune zone ristrette del pianeta – conferma il direttore di Lamma – Si pensava che un’estate torrida come quella del 2003 non si sarebbe ripresentata prima di cento anni, e invece eccoci qua: appena 19 anni dopo stiamo facendo i conti con un’estate che forse non batterà il 2003 ma si piazzerà sicuramente al secondo posto. Se continuiamo così, il futuro non sarà roseo: dobbiamo abituarci al fatto che avremo estati sempre più calde, siccità ricorrente su tutto il territorio, incendi ed eventi estremi”. Lo dice chiaramente anche il Report 2022 dell’Ipcc, il Panel intergovernamentale sul cambiamento climatico, il principale organismo internazionale per la valutazione, appunto, dei cambiamenti del clima. Non c’è più tempo. “La temperatura della terra aumenterà di 1,5 gradi nei prossimi due decenni”, si legge. E solo se cominceremo adesso a tagliare drasticamente le emissioni di carbone potremo evitare il disastro ambientale.

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