Neonato morto dopo il parto a Tivoli, sparito il corpo: in tre rischiano il processo
Tre addetti dell’obitorio del Policlinico Tor Vergata, su richiesta della procura, rischiano di finire a processo per la vicenda del neonato morto dopo il parto e sparito nel nulla a Tivoli quasi due anni fa. A riportare la notizia è il quotidiano Il Messaggero, secondo il quale due degli addetti devono rispondere delle accuse di simulazione di reato e uno di falso, mentre non è stata fatta nessuna contestazione sul fronte della sottrazione di cadavere o della omessa custodia della camera mortuaria.
Il corpicino di Roberto Preda, morto il 4 giugno 2019 subito dopo il parto, era in una cella frigorifera al rientro dall’ospedale, dove era stato sottoposto ad autopsia, quando è sparito nel nulla. I genitori si sono accorti della sparizione il 20 giugno 2019, dopo aver ricevuto da giorni il via libera per celebrare il funerale e la collaborazione dei servizi sociali per aiutarli nelle spese. Ma il corpo di Roberto non c’è più. Da quel giorno non è ancora stato accertato che fine abbia fatto il cadavere del piccolo.
Le accuse della procura
Sempre il 20 giugno, secondo le accuse del pm Lelia Di Domenico e il procuratore capo di Tivoli Francesco Menditto, due addetti “denunciano falsamente la manomissione della porta di comunicazione tra l’Unità di Osservazione Breve e la Morgue avvenuta il 17 giugno”. Un terzo addetto è accusato di falso “perché quale addetto della camera mortuaria falsificava il registro delle salme in riferimento a Roberto Preda”.
In particolare, come riporta l’articolo firmato da Adelaide Pierucci citando gli atti dell’accusa, l’addetto “contrariamente al vero attestava nella colonna ‘Esito” del registro che la salma del piccolo Preda è rientrata in data 8 giugno 2019 alle ore 18 dal Policlinico Tor Vergata, quando invece era stata ricondotta tra le 8 e le 10.30 del mattino”.
“Di certo il corpo di mio figlio non è potuto volare in cielo: voglio una tomba, voglio la verità”, dice la mamma del piccolo Roberto. I legali dei tre addetti, gli avvocati Pericle Calvaresi e Enrico Maria Gallinaro, respingono ogni responsabilità e ancora di più l’accostamento alla sparizione.
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