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Home » Cronaca

Napoli, parla un dipendente del Cardarelli: “Non ci fanno il tampone da due mesi, sarebbe una strage”

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Sotto richiesta di anonimato, un dipendente del Cardarelli di Napoli racconta a TPI cosa succede tra le mura di uno degli ospedali più grandi del Mezzogiorno, ora alle prese con una crisi pandemica che sta falciando anche il personale sanitario. “Siamo già diventati a tutti gli effetti una struttura Covid, accogliamo per lo più pazienti positivi, sebbene formalmente non sia ancora così”

La diffusione del Covid in Campania aumenta a passi da gigante e servono subito posti letto e unità di degenza per curare i malati fermi per ore a bordo delle ambulanze e nei pronto soccorso. L’unità di crisi regionale, dando seguito a quanto deciso nell’ultimo vertice con i manager di Asl e ospedali, ha disposto l’immediata riconversione delle corsie ospedaliere, dopo lo stop delle attività di elezione già disposto una decina di giorni fa. Scatta dunque la trasformazione in unità di cura Covid-19 per tutti:

“In quest’ultimo periodo – si legge nell’ordinanza – si osserva un rapido incremento dei casi di infezione da Covid-19 e un repentino peggioramento della pandemia, compatibile con uno scenario di tipo III. Questa unità di crisi ha introdotto ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica […] pertanto si dispone l’immediata riconversione di tutti i reparti per i quali, in via temporanea, s i è provveduto alla sospensione delle attività di ricovero ospedaliero in elezione in reparti Covid-19. 2. Di avviare i processi organizzativi per dedicare ulteriori interi presidi ospedalieri ai pazienti Covid-19; 3. Di comunicare, a questa unità di crisi, quotidianamente, l’elenco delle unità operative riconvertite con indicazione del numero e tipologia dei posti letto e numero e profilo del personale dedicato”.

Un cambiamento che ha coinvolto anche l’ospedale Cardarelli di Napoli dove i ricoveri sono aumentati in maniera vertiginosa. La situazione al pronto soccorso del Cardarelli è tra le peggiori, con la vecchia “Osservazione breve” oramai trasformata in un reparto Covid aggiunto. “Una situazione del tutto paradossale: in questi sei mesi non è stato fatto nulla, gli ospedali, come erano sei mesi fa, così sono adesso, niente, questo ha comportato una miscellanea di persone contagiate e persone non contagiate”, spiega a TPI Michele Tassaro, sindacalista Cobas per l’area di Napoli ed infermiere: “Il contagio tra il personale è qualcosa di impressionante, negli ospedali c’è un buon 30% che si è infettato. Di conseguenza, chi lavora? È un cane che si morde la coda. De Luca vuole aprire nuove strutture, ma se non si garantisce l’esistente come si fa? Le situazioni più critiche riguardano il Cardarelli, dove il tutto è fuori controllo, ma anche al San Giovanni Bosco e all’ospedale del Mare. In certi giorni al Cardarelli ospitavano i casi Covid in degenza nel Pronto Soccorso separati solo dai paraventi. Le tenso-strutture costate migliaia di euro non sono mai state utilizzate. Situazione di totale confusione”.

Un dipendente dell’ospedale Cardarelli, che chiede di restare anonimo, racconta a TPI cosa succede tra le mura di uno degli ospedali più grandi del Mezzogiorno, ora alle prese con una crisi pandemica che sta falciando anche il personale sanitario:

“Siamo in sovraccarico, ci forniscono le protezioni ma il pronto soccorso non è trattato come Covid, nessuno ci ha informato che è diventato pronto soccorso Covid. Di questi percorsi nessuno ci ha comunicato le variazioni. In queste settimane, poco alla volta, sono aumentate sempre di più le persone positive all’ingresso e quindi in realtà ci stanno utilizzando come pronto soccorso Covid già da un po’. Noi accettiamo tutti, all’attesa c’è il pre-triage con il test rapido e se risulta positivo si fa il tampone rapido, si deve attendere almeno 25 minuti.

Nel frattempo?

Hanno messo una saletta, diventata saletta Covid. Qui c’è gente in attesa del risultato dei tamponi e di essere portata o alla medicheria normale o all’area Covid (che non è poi così distante, a metà del corridoio). All’esterno del Pronto Soccorso non abbiamo un’area dedicata.

Voi dipendenti come lavorate?

Si stanno positivizzando un sacco di colleghi. Infermieri, medici, personale delle pulizie. Almeno 6 medici e un numero simile di infermieri risultano positivi, qualche giorno fa anche qualche membro del personale amministrativo.

Come venite monitorati?

Non abbiamo più avuto un controllo con un tampone da un paio di mesi. Solo quando i reparti chiudono per sanificare fanno i controlli a tutti i dipendenti. Forse per il timore che si scoprono troppi positivi e che poi non ci sia più personale disponibile o non so per quale motivo.

Ma nemmeno ai medici fanno i tamponi?

Sì, ma solo loro. Invece dovremmo farli tutti, tutto il personale sanitario. Farei i tamponi periodicamente vorrebbe dire, esagerando, almeno una volta al mese. Noi, ribadisco, sono due mesi che non li facciamo.

E come si scoprono i casi Covid?

Perché magari sono sintomatici: mal di testa, dolore addominale. A quel punto fanno il controllo, ma singolarmente. Mentre se si facesse in blocco sarebbe una mezza strage, perché secondo me asintomatici ce ne sarebbero parecchi.

A questi positivi cosa succede?

Fanno la quarantena e si fanno i controlli per vedere se si sono negativizzati.

E per gli altri?

Se nella mia squadra c’è un positivo non si fa il tampone al resto del team. Almeno, in diversi casi, non l’hanno fatto. Parliamo del Pronto Soccorso. Siamo messi male sotto questo aspetto di prevenzione e informazione per i dipendenti. Febbraio-marzo la regione non ci diede l’ok per diventare ospedale Covid. Adesso nessuno ci ha informato che siamo diventati ospedale Covid, infatti ci chiedevamo come mai arrivavano già Covid positivi al Pronto Soccorso. All’interno dell’ospedale abbiamo altre palazzine adibite a Covid ma che non devono essere collegate al pronto soccorso.

Com’è la situazione proprio al Pronto Soccorso?

Ormai gli asintomatici sono la stragrande maggioranza, la cosa che spaventa me e gli altri operatori è l’arrivo dell’influenza, se una persona è diabetica o cardiopatica deve andare in ospedale, col timore che da un giorno all’altro possa avere bisogna di ossigeno. Questa è la cosa che ha fatto la differenza tra la prima fase e la seconda. Noi la prima fase l’abbiamo vissuta come una scia dell’influenza, perché a Febbraio era già verso la fine. Invece adesso siamo ancora all’inizio.

L’INCHIESTA DI TPI SUI TAMPONI FALSI IN CAMPANIA
  1. Le intercettazioni
  2. Chi sono i membri dell’organizzazione
  3. La testimonianza
  4. La storia di una delle persone truffate
  5. Il commento di De Magistris, sindaco di Napoli
  6. Il documento che smaschera la banda

 

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