La mamma di Latif, intervistata da Repubblica, racconta anche di pestaggi al Cpr: “L’ultima volta che io e mio marito l’abbiamo sentito è stato 15 giorni fa, poco prima che morisse. A me diceva che era tutto a posto, a mio nipote invece aveva confidato che la situazione dentro il Centro per il rimpatrio dove si trovava era brutta, che aveva subito aggressioni verbali e fisiche. Una volta lo hanno spogliato e lo hanno lasciato in canottiera e pantaloncini”.
Muore a 26 anni dopo essere stato legato a letto per 3 giorni nel reparto psichiatrico del San Camillo di Roma
Sette persone morte di detenzione amministrativa in 2 anni: in Italia c’è un problema grave che riguarda i Cpr, e la storia di Wissen Ben Abdel Latif ne è solo l’ultimo esempio. Latif aveva 26 anni era arrivato in Italia con un barcone dalla Tunisia a ottobre. Da Augusta, in Sicilia, era stato trasferito su una nave quarantena poi – senza poter richiedere protezione internazionale – era stato inviato in direttissima al Cpr di Ponte Galeria. A ricostruire gli eventi è la campagna LasciateCIEntrare. Dal Cpr di Ponte Galeria Latif era stato trasferito all’ospedale San Camillo per presunti disturbi psichiatrici, dove è morto il 28 novembre scorso.
Il 26enne è stato legato per braccia e gambe per giorni. “Dalla documentazione che abbiamo visionato risulta che il giovane tunisino era affetto da problemi psichiatrici e che il 23 novembre, a seguito di una richiesta da parte della Asl finalizzata all’approfondimento della valutazione psichiatrica, è stato portato al pronto soccorso dell’ospedale Grassi”, scrive in una nota Alessandro Capriccioli che ieri è entrato nel Cpr di Ponte Galeria insieme al Garante regionale dei diritti delle persone private della libertà personale. “Da qui, dopo due giorni, il giovane è stato trasferito al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (Spdc) dell’ospedale San Camillo, in cui risulta essere stato sottoposto a contenzione, tutti i giorni fino al 27, anche se non è specificato con quali tempistiche. Infine, il 28 novembre è deceduto per “arresto cardiocircolatorio”.
I familiari confermano che il ragazzo quando è partito per attraversare il Mediterraneo stava bene fisicamente, non aveva malattie croniche e non aveva mai manifestato disturbi psichici. Quando sono sorti? Chi ha disposto il ricovero e su quali basi? Sono le domande che si potene la giurista e attivista Federica Borlizzi: “Se Abdel stava bene non doveva per nulla essere ritenuto idoneo al trattenimento e, di conseguenza, non avrebbe dovuto fare ingresso nel Cpr di Ponte Galeria. Ma, soprattutto, perché sono passati 5 giorni prima di sapere che Abdel era morto in un reparto di psichiatria, in cui era stato sottoposto per giorni a contenzione?”.
Ora la richiesta di verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif si fa pressante: ad occuparsene anche Majdi Karbai, deputato del parlamento tunisino eletto in Italia nella circoscrizione esteri con il partito di sinistra Attayar. Richiesta rilanciata dal garante nazionale per i detenuti Mauro Palma, su mobilitazione del garante laziale, Stefano Anastasia, e di Alessandro Capriccioli, consigliere regionale di Radicali/+Europa. In queste ore non sono mancate mobilitazioni sotto l’ambasciata italiana a Tunisi e la procura di Roma ha aperto un’inchiesta.