Morte Luana D’Orazio, la perizia della procura: “L’orditoio era stato manomesso”
Morte Luana D’Orazio, la perizia della procura: “L’orditoio era stato manomesso”
La macchina tessile che ha ucciso Luana d’Orazio sarebbe stata manomessa. Lo afferma la perizia chiesta dalla procura sulla morte dell’operaia di 22 anni, intrappolata in una macchina per ordinare i fili nella fabbrica tessile Orditura Luana, a Oste di Montemurlo in provincia di Prato, il 3 maggio scorso.
Il rapporto di 96 pagine sostiene che con tutta probabilità l’orditoio in cui l’operaia era stata trascinata, sarebbe stato privato dei suoi sistemi di sicurezza allo scopo di ridurre i tempi di produzione, secondo quanto riporta La Repubblica.
Il perito ha infatti rilevato la presenza di una staffa sporgente e non protetta, che avrebbe trascinato la ragazza in una morsa. Secondo la ricostruzione, il macchinario ha fatto trazione sui fuseaux, sulla maglietta e sulla felpa della giovane madre. “La trazione su tre elementi dell’abbigliamento cattura il corpo in una sorta di abbraccio mortale”, afferma la relazione depositata la settimana scorsa dal consulente della procura di Prato.
“La macchina presentava una evidente manomissione con un altrettanto evidente nesso causale con l’infortunio”, afferma nel rapporto l’ingegner Carlo Gini. “La funzione di sicurezza della saracinesca era stata completamente disabilitata per cui l’operatore poteva accedere alla zona pericolosa, anche in modalità automatica, senza alcuna protezione”, ha aggiunto. “Tale disabilitazione era stata fatta da tempo ed era presente anche sulla macchina non oggetto di infortunio”.
Il rapporto sostiene che la manomissione dei macchinari era una “consuetudine di lavoro”, tanto che “la saracinesca non veniva abbassata da tempo”. A dimostrarlo la presenza di “varie ragnatele che si erano andate a formare tra le parti fisse e quelle mobili”.
Per l’omicidio colposo della 22enne, che viveva a Pistoia con i genitori, il fratello e il figlio di 5 anni, sono indagati la titolare dell’azienda Luana Coppini, il marito Daniele Faggi e il tecnico manutentore Mario Cusimano. I tre sono anche sospettati di rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Nelle scorse settimane, la procura di Prato ha chiesto alla guardia di finanza una stima per “verificare che effetti abbia potuto avere la manomissione del macchinario sotto il profilo del profitto” dell’azienda di Montemurlo.