Premesse doverose. Circa due settimane fa, è emersa la storia di una ragazzina di 11 anni di Busto Arsizio che ha subito una terribile violenza sessuale nell’estate del 2021. Violenza perpetrata, sembra, da un vicino di casa nonché persona vicina alla famiglia. A seguito di questa violenza, la ragazzina è rimasta incinta. Secondo quanto emerso dalle varie testate che hanno seguito la vicenda, sembrerebbe che la gravidanza sia stata scoperta al quarto mese, in seguito a un malessere della bambina. Non sono ad oggi noti molti particolari della vicenda. Giustamente, si è deciso di proteggere la privacy di questa persona poco più che bambina. Quello che si sa è che, scoperta la gravidanza, sono stati subito effettuati i test del DNA che hanno levato ogni dubbio: il padre era il vicino di casa 27enne. Ora è arrivata anche la condanna. È da escludere che il neonato, che ora ha 14 mesi, possa venire dato alla madre naturale 11enne, tantomeno al padre, che per i prossimi dieci anni sarà in carcere. Da poco invece la ragazzina ha riallacciato i rapporti con i suoi genitori: la piccola infatti era stata data in affidamento in quanto la sua famiglia non era stata reputata idonea per prendersi cura di un minore.
Non si intende in questa sede, in alcun modo, andare a scandagliare le vicende private della minore e della sua famiglia. Si intende invece proporre una riflessione, supportata da pareri tecnici, sull’attuale legge che disciplina l’aborto in Italia, la 194, in casi così delicati in cui il primo e unico scopo deve essere proteggere la salute psicofisica della vittima. Alcune domande restano infatti inevase: in circostante tragiche e complesse come queste, siamo dotati di un valido supporto legislativo? In quale modo viene tutelata la salute psicofisica della ragazzina, quando il minore, in questo caso è poco più di un bambino? Le leggi sono aggiornate rispetto ai cambiamenti della società e alle esigenze psicofisiche della gioventù di oggi? I deboli possono contare su un ventaglio di possibilità valido per affrontare tali drammaticità? Viene offerto realmente questo ventaglio di possibilità? Ne abbiamo parlato con Giulia Crivelli, tesoriera di Radicali Italiani e promotrice della campagna Libera di Abortire.
A Giulia Crivelli, abbiamo chiesto di illustrarci lo stato delle cose in Italia dal punto di vista normativo. Commentare la vicenda è difficile, la ragazzina anche dopo nostre verifiche, avrebbe effettivamente scoperto la gravidanza al quarto mese. Qual è il quadro normativo in Italia?
«Oggi è possibile, secondo il nostro quadro normativo, interrompere una gravidanza anche dopo i 90 giorni. Mentre per il primo trimestre di gravidanza, l’interruzione di gravidanza può avvenire per delle circostanze molto ampie, in cui la premessa è che la legge non incasella e non parla espressamente di ipotesi di violenza sessuale o stupri. Cosa che altre legislazioni fanno. In base alla 194, una Ivg può avvenire nel primo trimestre per circostanze quali: la non volontà di portare avanti una maternità, un non voler essere madri in quel momento della vita, senza specificare come è avvenuta la gravidanza, le circostanze sono le più ampie, la legge non le circoscrive in maniera stringente ma parla di circostanze generiche che possano mettere in campo un serio pericolo per la salute psico-fisica della donna. Circostanza diversa è per i casi di gravidanza dopo i 90 giorni. Qui la legge prevede anche la possibilità nel nostro Paese di interrompere la gravidanza dopo il terzo mese in due circostanze, art. 6 della 194: la prima è relativa all’accertamento di processi patologici che possono riguardare gravi malformazioni del feto o gravi anomalie. Si chiama aborto terapeutico».
L’altra?
«L’altra motivazione elencata è quella relativa a circostanze per le quali il portare avanti una gravidanza o il parto possono comportare un grave pericolo per la vita della donna. Ora, questo grave pericolo viene interpretato o in maniera stringente, o in maniera più ampia in altre circostanze. Perché nel concetto di vita viene inglobato quello di salute psicofisica. Nel nostro sistema, ci sono dei casi di traumi legati a condizioni molto specifiche per cui la donna vive una sorta di shock relativo allo stato di gravidanza, e scopre al quarto mese di essere incinta. In questi casi, sempre eccezionali, in cui la persona accusa un malessere psichico molto forte, di depressione, di precarietà estremamente forte e questi casi possono essere interpretati come circostanza che mettono in pericolo in sé la salute della donna».
Qui si interseca la questione della minore età.
«Per la minore età il nostro sistema prevede due vie. Per una ragazza minorenne che vuole procedere con Ivg volontaria è possibile solo con il consenso di entrambi i genitori, ci possono essere dei casi in cui la situazione familiare non consente serenamente di prendere una decisione del genere, oppure perché la volontà dei genitori non rispecchia la volontà della ragazzina in questione, e a quel punto si può intraprendere con il consultorio la strada di richiesta di Ivg di autorizzazione al giudice tutelare. Si avvia una procedura d’urgenza attraverso il consultorio o l’ospedale che valutano la situazione della minore e laddove vede che, ad esempio le volontà non corrispondono, o i genitori non sono concordi, o le condizioni sociali della propria famiglia mettono paura o ansia etc, si attiva una procedura molto veloce e richiede l’autorizzazione a procedere al giudice. Con l’autorizzazione del giudice, si procede con la Ivg. La 194 non fa distinzione di età. Dai 18 anni solo tu puoi decidere, sotto i 18 serve il consenso di entrambi i genitori o qualora le condizioni non consentano di ottenere il consenso o la stessa minore esprima fortemente un disagio che viene valutato come tale di situazione famiglia, allora si attiva la procedura di giudice tutelare. Nel momento della scoperta della gravidanza, c’è stato qualcuno – consultorio o ospedale – che ha informato la minore delle strade a cui poteva accedere? Noi questo non lo sappiamo. Questa strada è stata indagata? Altra domanda aperta».
La legge attuale dà questa possibilità?
«Qui si legano le questioni del quarto mese e minore età. Come Radicali portiamo avanti una proposta di legge migliorativa della 194 e abbiamo inserito la possibilità di scegliere l’ivg senza il consenso di entrambi i genitori anche per le 16enni. Non si capisce perché non si può interrompere una gravidanza se ci si può sposare. La Spagna lo ha fatto da tempo. Questa vicenda è ancora più intricata perché parliamo di un’età così bassa».
Cosa possiamo trarre da questa vicenda?
«Da questa vicenda si possono estrarre solo delle riflessioni sulla 194. Mi viene da chiedere se la strada di un aborto consideriamolo terapeutico al quarto mese sia stata almeno valutata, perché nella sua perfettibilità, la legge prevede delle tutele, senza distinzione di età. Ma il sistema non è adeguato ad affrontare situazioni del genere».