“Ha la febbre? Prenda una Tachipirina e vada comunque a fare il test”: l’assurda storia di una milanese
“Non sono uscita da Milano e durante il lockdown ho fatto la volontaria. A inizio agosto ho cominciato ad avere strani sbalzi di temperatura e ho provato a seguire le procedure per controllarmi ed escludere si tratti di Covid”. La signora Vanessa è un’abitante di Milano che, registrando sintomi assimilabili a quelli del Covid, ha provato a sottoporsi a un tampone chiedendo lumi su quale fosse il percorso corretto da compiere per controllarsi senza il pericolo di infettare terze persone. La risposte ricevute e la storia che ha raccontato a noi di TPI è quantomeno paradossale.
“Da 3 settimane ho sintomi e sbalzi di temperatura con febbre che sale sopra i 37.5 fino a 37.8. Non sono preoccupata e tantomeno paranoica, altrimenti non avrei fatto la volontaria (in totale sicurezza) nei giorni del lockdown, ma voglio tutelare me e il prossimo. Ai primi di agosto, prenoto il test sierologico a pagamento presso una struttura privata, mi dicono che la prima disponibilità è per il 18 agosto. Il giorno prima del test, però, la temperatura è di 37.8 pertanto mi attengo alle regole scritte a caratteri cubitali e disdico il test”.
Le regole di cui parla la signora Vanessa sono quelle per cui “In caso di febbre o di altri sintomi influenzali è obbligatorio chiamare il proprio medico di famiglia e l’autorità sanitaria”, e quindi non recarsi in ospedali o altre strutture.
Chiamo Ats Milano, dopo 45 minuti di attesa, parlo con un operatore che prende tutti i miei dati e mi passa un medico di guardia (era sera). Quindi spiego i sintomi. Come risposta il medico mi dice: “Signorina, ha fatto male a disdire il test sierologico. Si prenda una Tachipirina e non dica in struttura che ha avuto la febbre, così le fanno il test e si toglie il pensiero”. Io ribatto che non vorrei essere untrice e la seconda risposta che ricevo è: “con la mascherina lei non può contagiare nessuno”.
Controbatto affermando che mi attengo alle regole e anche al buon senso di non voler mentire sulle mie condizioni di salute, non vorrei mai essere un’untrice. Nuovamente mi viene detto che con la mascherina non posso contagiare nessuno, “Comunque chiami il suo medico di base”, afferma l’uomo.
Il mio medico di base è in ferie e parlo con la sostituta, la quale, appena informata della febbre, indispettita mi risponde:”Siete paranoici. La febbre esiste da millenni. Magari è una carie che le provoca la febbre. Venga in studio che io visito tutti e le do le medicine, io visito anche chi ha la febbre più alta delle sue 3 linee…. Non segnalo nessuno all’ATS per il tampone”. Avevo anche altri sintomi, come il mal di pancia, e l’ho fatto presente, ma non c’è stato verso.
Ho preferito contattare un amico medico. Morale: sono riuscita a fare il tampone grazie a conoscenze, ovvero un caro amico di famiglia ha provveduto a farmi segnalare da un medico di base prudente.
Dopo 2 giorni dalla segnalazione, sono stata chiamata a presentarmi il 20 agosto presso il drive in situato fuori dall’ospedale San Carlo. In quello devo dire sono stati super efficienti. Mi hanno consegnato un foglio con alcuni suggerimenti. In fila c’erano molti turisti tornati dalle vacanze.
L’esito lo saprò tra 7 giorni. Per questi giorni di attesa le raccomandazioni si limitano a quello che c’è scritto sul foglio, ma non ho alcun tipo di obbligo. Non ti dicono nulla, né di scaricare app Immuni, né di stare in isolamento fiduciario. In questi sei giorni io posso andare in giro, incontrare persone e potrei contagiare qualcuno. A Pavia in 24 ore i risultati li danno. Siamo sicuramente di più a Milano, forse però c’è anche un po’ la tendenza a spingere verso i test privati.
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