“Migranti picchiati dalla guardia costiera libica e costretti con la forza a tornare indietro”: il video shock
“Migranti picchiati dalla guardia costiera libica e costretti con la forza a tornare indietro”: il video
“Persone in pericolo picchiate e costrette con la forza a tornare nell’inferno da cui fuggivano”: è l’allarme lanciato dalla Ong Sea Watch, che sui suoi canali social ha diffuso il filmato di un’operazione della cosiddetta guardia costiera di Tripoli nella zona di ricerca e soccorso di competenza libica.
Ecco come si svolge un’intercettazione della cosiddetta guardia costiera libica.
Persone in pericolo picchiate e costrette con la forza a tornare nell’inferno da cui fuggivano.
Oggi l’equipaggio di #SeaWatch4 ne è stato testimone e ha documentato i fatti con queste immagini. pic.twitter.com/rZiREGmSF0
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) April 30, 2021
Nel video si intravedono i guardacoste avvicinarsi con un motoscafo a un gommone e picchiare i migranti a bordo. “Ecco come si svolge un’intercettazione della cosiddetta guardia costiera libica”, denuncia lo staff della Ong tedesca, che negli ultimi due giorni ha operato quattro soccorsi, portando in salvo 308 persone. Ora attende un porto di sbarco.
Le operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale sono tornate all’attenzione della cronaca quando il primo ministro Mario Draghi, in occasione dell’incontro con il premier libico Abdul Hamid Dbeibah a Tripoli, ha espresso “soddisfazione per quello che la Libia fa per i salvataggi”, nonostante sia documentato da Ong e organizzazioni internazionali che la guardia costiera, creata ad hoc nel 2017 con finanziamenti italiani ed europei per contenere il flusso dei migranti che dalla Libia cercano di raggiungere l’Europa, conduca la maggior parte delle persone intercettate in centri di detenzione dove vengono maltrattati, e non in un porto sicuro.
Inoltre le navi umanitarie che operano ancora salvataggi nel Mediterraneo centrale hanno riportato che il corpo militare di Tripoli non è efficiente, spesso non risponde alle segnalazioni della centrale di coordinamento e non porta avanti le operazioni di soccorso per cui è pagata e addestrata dall’Italia, come nel caso del naufragio del 23 aprile scorso denunciato dalla Ong Sos Mediterranée.
“Quando hanno ricevuto la chiamata non sono usciti perché per loro il mare era in tempesta, ‘era troppo mosso”, ha raccontato a TPI una fonte a bordo di Ocean Vikings. L’equipaggio ha fotografato almeno 10 cadaveri mentre galleggiavano nel mare, ma i dispersi sono stati circa 130. Nei giorni scorsi la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha tenuto un primo incontro con il suo omologo libico chiedendo espressamente il rispetto dei diritti umani dei migranti e il via libera alle agenzie dell’Onu nei centri di detenzione.
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