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Il Mediterraneo è sempre più un cimitero perché nessuno vuole ammettere che i migranti partono. Con o senza Ong

Immagine di copertina

Con o senza Ong, i migranti partono per attraversare il Mediterraneo

Il pull factor non esiste, è il momento di ribadirlo e di farlo ad alta voce… gridando forte!

Per “pull factor” si intende quel fenomeno per cui i trafficanti di uomini e i migranti partirebbero con più frequenza se in mare, a pattugliare le coste libiche, ci fossero le navi delle Ong.

È una bufala utilizzata da chi voleva bloccare le navi umanitarie, accusandole di essere in contatto con i trafficanti. Dalla famosa espressione “taxi del mare”, usata da Di Maio il 30 aprile 2017, fino ad arrivare alle accuse palesi di Matteo Salvini di essere “vice-scafisti” e criminali. In mezzo, in questi due anni, c’è stato il “codice di condotta” per le Ong redatto da Minniti, Ministro dell’Interno del governo a maggioranza PD, che ha aperto le porte proprio all’attuale Ministro degli Interni.

I migranti che tentano la traversata del Mediterraneo: i numeri

I numeri spiegano molto più delle chiacchiere da bar:

Dal 1° gennaio 2019 al 20 luglio scorso, dalla Libia sono partite 6.794 persone, di cui 1.249 quando in mare c’era una delle navi delle Ong, una percentuale bassissima che dimostra come questa montatura sia stata utile a far credere che davvero ci siano questi contatti.

Purtroppo anche tanti media hanno cavalcato l’onda e meno di due settimane fa la trasmissione “Quarta Repubblica” ha messo in onda un reportage in cui una persona migrante, appena arrivata in Europa, dice: “Se ci sono le navi delle Ong ci sentiamo più sicuri”. I numeri dimostrano altro e soprattutto ai trafficanti non interessa se quelle persone arrivano in Italia o meno, anzi!

Perchè quando l’autoproclamata Guardia Costiera di Tripoli, quella finanziata prima dal Ministro Minniti e poi da Salvini, intercetta un gommone e lo riporta in Libia, le persone vengono messe in carcere con l’accusa di essere migranti, come se fosse un reato.

Migranti, sbarchi in Italia: dati alla mano, ecco come stanno davvero le cose

A quel punto ricomincia il “giro dell’orrore”: Torture e telefonate alle famiglie d’origine per lasciarli andare, di nuovo. A volte ci vogliono settimane, a volte mesi e quindi le torture, i video e le chiamate i moltiplicano, fino a quando la famiglia non trova un modo per pagare. A quel punto sono “liberi” di pagare un trafficante e mettersi in mare, di nuovo.

Nelle tante missioni che ho fatto in mare, sempre più spesso ho trovato persone che avevano provato la traversata 2 o 3 volte. Una volta ho conosciuto una donna libica e suo figlio di 6 anni che scappavano dal marito violento e dalla guerra. Era il terzo tentativo e il primo fu drammatico: gommone affondato e tanti morti attorno a loro. Erano riusciti a salvarsi perché erano rimasti aggrappati a un pezzo di legno per ore.

Chi decide le partenze dei migranti

Fino a pochi giorni fa ero in quel tratto di mare che separa la Libia dallItalia, sono stato un mese a bordo della Open Arms e sia dalla nave che dagli aerei che fanno pattugliamento, non si vedeva nulla. Non partivano gommoni o ne partivano pochi. Ed era strano perché il mare era talmente piatto che sembrava olio e il vento spesso spingeva da sud, tecnicamente le condizioni migliori per mettere in mare un natante non in grado di navigare per molto tempo.

Un mese di pattugliamento con pochi movimenti in mare e tanto controllo militare. Proprio in questo mese c’è stato un avvenimento non secondario: Al Serraj ha incontrato Salvini a Milano e in quella circostanza molti giornali hanno riportato che il Presidente di Tripoli ha messo sul piatto quello che a Salvini interessa: le partenze dalla Libia.

Nelle settimane successive ce ne sono state pochissime, almeno fin quando le Ong erano in mare. Appena quel tratto di mare si è svuotato, sono riprese.

150 morti ieri, 120 a gennaio, circa 80 a inizio luglio e tanti altre piccole e grandi stragi di cui i governi europei sono complici, perché hanno deciso che le Ong non devono essere in mare, hanno bloccato le navi, impedito sbarchi, stabilito multe sempre più alte per chi soccorre le persone in mare, fatto trattative lunghe per la distribuzione lasciando le persone in mare, in attesa di un accordo, come se dovessero scontare una pena.

Oggi tutte le persone che hanno contribuito a questa catastrofe dovrebbero chiedere scusa alla 150 famiglie che hanno perso un familiare perché sono state abbandonate. Chiedere scusa e porre rimedio, istituendo un grande corridoio umanitario che dalla Libia porti le persone in Europa in aereo, evacuando tutti i centri di detenzione ed eliminando così il ricatto delle milizie libiche sul nostro governo. Risparmieremmo soldi, eviteremmo di finanziare dei criminali e salveremmo qualche decina di migliaia di persone.

> Sea Watch, Carola Rackete torna libera. Salvini: “Mi vergogno dei magistrati”
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