Ministro dell’Inferno, impari a contare: il Mediterraneo è ancora un cimitero (di G. Cavalli)
Migranti aumento sbarchi morti
La bellezza dei numeri, quelli che sfidano le opinioni e ci danno l’immagine esatta, non inquinata dalla propaganda e che costringe perfino il ministro dell’interno a fare dietrofront sul suo mito libico dichiarando che “adesso la Libia è un porto insicuro, instabile, ed è un problema non solo sul fronte immigrazione”. Finalmente si è svegliato. Finalmente, dopo mesi anche il ministro concorda con noi sul fatto che definire porto sicuro un Paese che in realtà è un gozzoviglio di bande che si accapigliano è una mostruosità giuridica e soprattutto è irrispettoso nei confronti delle molte vittime di quel mattatoio a forma di imbuto da cui passano tutti i profughi di guerra che cercano di mettersi in salvo verso l’Europa.
E, se ci pensate, di colpo smentisce anche tutte le sue paturnie sulle ONG che altro non fanno che portare via dall’inferno libico le persone che cercano riparo nel resto del mondo. I numeri, dicevamo: nei primi venti giorni di maggio si conta la metà del numero totale degli sbarchi del 2019: 202 arrivi a gennaio, 60 a febbraio, 262 a marzo, 255 ad aprile, 700 a maggio, in totale 1.482 stranieri. Numeri che andrebbero affissi sui manifesti elettorali, numeri che andrebbero sbattuti in faccia a tutti coloro che credono ancora veramente alla favola dei porti chiusi e che, soprattutto, rendono ridicole le guerre che hanno lasciato alla deriva per giorni alcuni barconi di ONG colpevoli solo di essere perfette per alimentare la propaganda.
Sempre a proposito di numeri: secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) i decessi registrati sulle tre principali rotte del Mediterraneo nei primi 142 giorni del 2019 sono saliti a 512, pari ad oltre la metà dei quasi 1.000 decessi registrati a livello mondiale. La politica italiana ed europea continua a mietere vittime nonostante la retorica di chi starebbe agendo per salvare vite. Il Mediterraneo continua ad essere un cimitero liquido in cui affonda un’umanità sommersa dall’acqua, dall’incuria politica, dalla disumanizzazione di un’Europa (e nostra) che finge di non voler vedere e non voler sentire, mentre sul ciglio di casa questi numeri bussano incessantemente chiedendoci di rendercene conto, di intervenire, di smentire gli agitatori e di rendersi conto che dietro a quei numeri ci sono persone. Persone come noi. Persone che muoiono. Persone che cercano la speranza e trovano la cecità disumana di chi li porta alla morte e li aggiunge come semplice cifra in un conteggio di cui la Storia ci renderà conto.